Personale

Il recupero del maggior danno all'immagine rispetto a quello accertato in sede civile va dimostrato

Colpevole di peculato un vigile urbano per aver utilizzato a fini privati la carta carburante a disposizione per servizio

di Claudio Carbone

Non può essere accolta la domanda giudiziale azionata dalla Procura contabile per il recupero della ulteriore somma accertata a titolo di danno all'immagine rispetto alla liquidazione effettuata dal giudice penale se manca la prova analitica a sostegno dei maggiori danni erariali contestati o della loro imputabilità al soggetto interessato. È quanto si ricava dalla sentenza n. 152 del 2023, della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Toscana che ha esaminato la domanda prodotta dalla Procura contabile a seguito della sentenza emessa dal Tribunale ordinario che ha riconosciuto colpevole un vigile urbano del delitto di peculato, addebitandogli il risarcimento del danno all'immagine cagionato all'Amministrazione di appartenenza costituitasi parte civile nel procedimento penale e il pagamento delle spese processuali.
Nello specifico, il vigile agendo in qualità di pubblico ufficiale e avendo per ragioni del suo ufficio la disponibilità della carta carburante, la utilizzava per effettuare il rifornimento di carburante su autoveicoli adibiti a proprio uso privato.

Il giudice contabile, esaminati i fatti di causa, ha richiamato la pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 773/1988), in base alla quale «non esiste una giurisdizione esclusiva in materia di danno arrecato alla p.a., ben potendo coesistere due diverse azioni risarcitorie esercitabili entrambe sino a quando attraverso una sola delle due azioni sia stato integralmente conseguito il bene della vita oggetto della domanda». Osserva poi che:
• se è pacifico che la costituzione dell'Amministrazione danneggiata come parte civile nel processo penale di per sé non comporta l'effetto di precludere l'esercizio dell'azione di responsabilità erariale nell'ambito della giurisdizione della Corte dei conti, neanche quando si verta su fatti materiali identici contestati agli stessi soggetti (causa petendi), è tuttavia altresì vero che, allorquando si versi in tale ultima situazione, l'autonomia di valutazione del giudice contabile nell'accertamento e determinazione di detto danno erariale viene meno nella misura in cui si sia formato, dinanzi all'Autorità giudiziaria ordinaria, un giudicato esteso alle statuizioni civili di risarcimento del danno;
• in materia di risarcimento della lesione all'immagine della pubblica amministrazione, vale il principio per cui l'intervenuta pronuncia irrevocabile di condanna in sede civile (o a seguito della costituzione di parte civile in sede penale), se per un verso comporta i già considerati effetti di giudicato che precludono al giudice contabile un secondo vaglio di fatti e presupposti già valutati dall'Autorità giudiziaria ordinaria, per altro verso di per sé non esclude assolutamente la possibilità che l'attore erariale, sulla base di elementi non sottoposti all'esame del diverso giudice, promuova il giudizio dinanzi alla Corte dei conti per il ristoro del danno arrecato alla finanza pubblica nella sua totalità.

Conclude la Corte che nel caso di specie, tuttavia, la Procura contabile non ha offerto alcun ulteriore elemento o argomento di prova idoneo a suffragare la proposta di quantificazione del danno all'immagine in misura superiore a quella accertata nella sentenza penale definitiva di condanna e, quindi, a giustificare l'azione risarcitoria esercitata per la differenza.

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