I temi di NT+L'ufficio del personale

Illegittima percezione dei buoni pasto, incarichi in quiescenza, mobilità e licenziamenti

La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa

di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con le indicazioni sintetiche delle novità normative e applicative intervenute in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni.

Illegittima percezione dei buono pasto e danno erariale
La sentenza della Corte dei conti Sicilia n. 97/2021 permette di fare qualche considerazione sul tempo del lavoro e la fruizione dei buoni pasto. Il dipendente che ha attestato falsamente la propria presenza in servizio per il tempo necessario (rientro pomeridiano del prescritto minimo di ore) al concretizzarsi delle condizioni di maturazione del diritto al buono pasto, mediante dichiarazioni che si sono rivelate mendaci (in quanto si trovava in luogo diverso dalla sede di lavoro o perché nel posto di lavoro si è trattenuto per un tempo inferiore al dichiarato) è responsabile di danno erariale. Ciò vale anche per i dirigenti che, pur avendo un orario di lavoro caratterizzato da flessibilità e auto responsabilizzazione, hanno diritto al benefico dei buoni pasto solo alle precise condizioni contrattuali, che fissano in un minino di tre ore l'attività da rendere, in sede o altrove purché debitamente documentata, oltre l'ordinario orario. In sostanza, quanto sopra, integra tutti gli elementi essenziali della responsabilità patrimoniale ovvero: condotta antigiuridica, danno erariale, nesso di causalità tra condotta ed evento dannoso, elemento soggettivo del dolo.

Staff degli amministratori e soggetto in quiescenza
In merito alla possibilità da parte di un Comune di assumere tramite l'articolo 90 del Dlgs 267/2000 un soggetto in quiescenza, la Corte dei conti Puglia, con la deliberazione 20/2021/PAR, ha ricordato la chiarezza del precetto normativo dell'articolo 5, comma 9, del Dl 95/2012 in base al quale «è fatto divieto, […] alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del Dlgs 165/2001, di attribuire a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza incarichi di studio e di consulenza nonché incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni medesime e degli enti e società da esse controllati, fatta eccezione per i soli incarichi conferiti a titolo gratuito e, laddove si tratti di incarichi dirigenziali e direttivi, per una durata non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione». La corte ha inoltre aggiunto: «Giova anche segnalare che, con la sentenza c-67/18, la Cgue, chiamata a verificare la compatibilità della normativa in parola con la direttiva 2000/78, più in particolare con le norme di cui all'articolo 2, paragrafo 2, all'articolo 3, paragrafo 1, e l'articolo 6, paragrafo 1, della stessa, ne ha sancito la conformità, precisando, più in generale, che "non osta a una normativa nazionale che vieta alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza a persone collocate in quiescenza purché, da un lato, detta normativa persegua uno scopo legittimo di politica dell'occupazione e del mercato del lavoro e, dall'altro, i mezzi impiegati per conseguire questo obiettivo siano idonei e necessari"».

Trattamento economico in caso di mobilità
Il trattamento giuridico ed economico del dipendente di un ente locale trasferito per mobilità (articolo 30 del Dlgs 165/2001) all'agenzia delle Dogane e Monopoli deve essere effettuato «sulla base dell'inquadramento presso l'ente di provenienza, nell'ambito della disciplina legale e contrattuale propria del comparto dell'amministrazione cessionaria e a questo fine occorre tener conto anche delle posizioni economiche differenziate, attraverso le quali si realizza, sia pure all'interno dell'area, una progressione di carriera». Il principio è, ancora una volta, sancito dalla Corte di cassazione nell'ordinanza n. 3823/2021.

Licenziamento disciplinare
La sentenza n. 3819/2021 della Corte di Cassazione, sezione lavoro ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato a una dipendente comunale che aveva effettuato, numerosi e prolungati nel tempo, accessi al protocollo informatico dell'ente non giustificati da ragioni d'ufficio, in quanto finalizzati a conoscere atti che non rientravano in quelli di competenza del settore di appartenenza. La sanzione espulsiva è stata ritenuta proporzionata, in quanto è stato rilevato che detto comportamento (a prescindere dalla rilevanza penale e relative conseguenze) è irrimediabilmente lesivo del vincolo fiduciario con il datore di lavoro, anche in assenza di danno patrimoniale, in considerazione del gran numero di accessi operati, della loro estraneità alle mansioni e dell'utilizzo improprio del tempo lavorativo.