Imposta comunale sulla pubblicità e Cosap sono cumulabili
Lo ha affermato la Corte di cassazione decidendo su quanto ha visto contrapposti un Comune e una Srl
Nell'ipotesi di occupazione di beni pubblici a fini pubblicitari non è escluso che la Tosap o il Cosap si possano cumulare con l'imposta sulla pubblicità; è quanto affermato dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 1951/2022 che ha visto contrapposti un Comune e una Srl.
Nel caso in esame il Comune è ricorso in cassazione avverso la sentenza del 2017 della Ctr che, nel confermare la decisione di primo grado, che aveva ritenuto l'illegittimità del silenzio- diniego serbato dalla resistente Pa, rispetto all'istanza di rimborso del canone sostitutivo dell'imposta sulla pubblicità, versato in base all'articolo 62 del Dlgs 446/1997, per le annualità 2011 e 2013, respingeva l'appello dall'ente territoriale proposto.
In particolare i giudici del merito avevano ritenuto che il Comune avesse sforato l'applicazione delle tariffe applicate sui mezzi pubblicitari applicando importi più elevati.
I giudici di legittimità osservano che il presupposto dell'imposta di pubblicità è costituito dalla «diffusione di messaggi pubblicitari», cioè di messaggi diffusi nell'esercizio di un'attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero di messaggi finalizzati a migliorare l'immagine del soggetto pubblicizzato, effettuata «attraverso forme di comunicazione visive od acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni», in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico (articolo 5 del Dlgs n. 507 del 1993).
Analogamente, il canone (cioè il Cosap) è dovuto per «l'installazione di mezzi pubblicitari» (rubrica dell'articolo 62 del Dlgs n. 446 del 1997) o, più precisamente, per l'effettuazione di «iniziative pubblicitarie che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente». Al riguardo, osserva la Cassazione, non può porsi in dubbio che la mera "incidenza" dell'iniziativa pubblicitaria sull'arredo urbano o sull'ambiente, richiesta per l'applicazione del canone, è del tutto omologa alla diffusione di messaggi pubblicitari prevista per l'applicazione dell'imposta comunale sulla pubblicità; con la significativa conseguenza che non sono ipotizzabili attività pubblicitarie che costituiscano presupposto solo di detta imposta e non anche del Cosap.
Osserva la Cassazione che al pari di ciò che avviene per l'imposta sulla pubblicità, l'obbligo di pagare il Cosap nasce, dunque, direttamente in forza della legge, per il solo fatto dell'installazione dei mezzi pubblicitari, con l'unica differenza, rilevante ai soli fini procedimentali, che l'installazione, per essere considerata legittima, deve essere preceduta, per l'imposta sulla pubblicità, da un'apposita dichiarazione del contribuente e, per il Cosap, dall'autorizzazione del Comune.
Osserva la Cassazione che dall'individuato presupposto oggettivo dei prelievi discende, altresì, che essi sono dovuti indipendentemente dal fatto dell'occupazione di beni pubblici e, quindi, dalla possibilità di instaurare una correlazione tra tali prelievi e l'uso dei beni stessi.
In particolare, né l'imposta né il canone possono essere qualificati come controprestazione dell'uso di aree pubbliche; uso, questo, che costituisce, invece, la giustificazione del Cosap o, in alternativa, il presupposto della Tosap (tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche).
Assume poi rilevanza, osserva la Cassazione, ai fini della qualificazione del Cosap il fatto che la legge , nell'ipotesi di occupazione di beni pubblici a fini pubblicitari , da un lato, non escluda che la Tosap o il Cosap si cumulino con l'imposta sulla pubblicità e, dall'altro, disponga che la tariffa sia «comprensiva» della Tosap o del Cosap.
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