Fisco e contabilità

Imu, il costo per alunno del Miur non è sufficiente a escludere la commercialità

Cassazione non in linea con le istruzioni alla dichiarazione Imu-Tasi Enc

di Pasquale Mirto

La Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 15364/2022, torna a occuparsi dell'assoggettamento a Imu di una scuola materna, ritenendo, ai fini del riconoscimento dell'esenzione, non sufficiente una retta inferiore al costo per alunno individuato dal Miur.

La Corte ricorda che per beneficiare dell'esenzione Imu, è necessario che: 1) gli immobili devono essere utilizzati da enti non commerciali (requisito soggettivo); 2) devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente indicate, quali quelle assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive e di religione o culto (requisito oggettivo); 3) le attività tassativamente indicate devono essere svolte con modalità non commerciali.

Ai fini della verifica delle condizioni di accesso all'esenzione, occorre rifarsi al Dm 200/2012, il quale, con riferimento alle attività didattiche prevede che è esclusa la commercialità allorquando l'attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso.

Tuttavia, le istruzioni alla dichiarazione Imu-Tasi enc, vanno ben oltre, introducendo un criterio non contemplato né nella norma primaria né nel dm 200/2012, ovvero quello del costo medio per studente individuato dal Miur. Se il corrispettivo medio percepito dall'ente non commerciale è uguale o inferiore al costo medio, allora l'attività è considerata svolta in modalità non commerciale.

Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità si è costantemente discostata dalle indicazioni ministeriali, ritenendo necessario, sulla base dei principi contenuti nella decisione della Commissione dell'Unione europea del 19 dicembre 2012, lo svolgimento dell'attività in modo gratuito o dietro la corresponsione di un tariffa simbolica. Il problema è che il parametro del costo per alunno non è presente nel dm 200/2012, ed ovviamente se le rette coprono il costo medio per alunno calcolato dal Miur, certamente non possono considerarsi simboliche.

Nella sentenza in commento, il giudice d'appello aveva ritenuto sufficiente, per il riconoscimento dell'esenzione, la misura esigua della retta, che era significativamente più bassa rispetto al costo per alunno determinato dal Miur. Ma, ad avviso della Cassazione, tale criterio non può ritenersi idoneo ad escludere la natura economica delle attività svolte nell'immobile destinato all'esercizio dell'attività didattica, essendo altresì necessario verificare la gratuità di tali attività ovvero che gli eventuali importi versati siano, per la loro entità, simbolici o comunque inidonei a costituire una retribuzione del servizio prestato, in quanto notevolmente inferiori ai costi di gestione, non potendo assumere rilievo la mera circostanza che la retta coprisse solo una parte dei costi.

Né, ad avviso della Corte, può tenersi conto della circolare n. 2/DF del 2009, in quanto la Commissione dell'Unione Europea ha ritenuto, che l'applicazione dei criteri ivi indicati non vale ad escludere la natura economica delle attività.

Peraltro, si tratta di orientamento di legittimità che si va sempre di più consolidando. Già Cassazione 27449/2020, aveva ritenuto che una volta accertato che negli immobili si svolge attività didattica con pagamento di rette scolastiche da parte degli utenti, non può essere riconosciuta l'esenzione sul presupposto che le tariffe per il servizio prestato siano inferiori a quelle applicate dal Ministero dell'Istruzione Università, se queste sono comunque congrue e certamente non simboliche.

La Cassazione, quindi, sembra disattendere sistematiche le istruzioni alla dichiarazione Imu-Tasi Enc.

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