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Itas 4: l’attività di revisione nel trattamento contabile dei beni culturali (heritage approach)

di Andrea Ziruolo e Marco Berardi - Rubrica a cura di Ancrel

In attesa del decreto sui contenuti dell’Accrual per le amministrazioni pubbliche italiane, rispetto alle poche certezze sugli adempimenti Accrual, l’aggiornamento degli inventari è sicuramente ineludibile in quanto, in osservanza all’attuale disciplina, cambiano sia i criteri di valutazione delle immobilizzazioni in deroga al costo, sia le regole sull’ammortamento. Con il fine di offrire una rappresentazione contabile sempre più attendibile della Pa, all’interno della formulazione dei principi Itas è disciplinato il trattamento dei beni culturali che caratterizza particolarmente il patrimonio degli enti locali, adottando l’heritage approach dagli Ipsas.

In particolare, il principio Itas 4, nel codificare le “immobilizzazioni materiali”, le suddivide in “materiali” e “immobiliari”, laddove le prime sono strumentali nell’erogazione di beni o servizi istituzionali dell’amministrazione e le seconde, invece, sono finalizzate al conseguimento di canoni di locazione, di rendite o per l’apprezzamento del capitale investito. Tra le immobilizzazioni materiali sono presenti le attività del patrimonio culturale.

Queste ultime sono rilevate e valutate secondo gli stessi criteri delle altre immobilizzazioni materiali, salvo specifiche disposizioni. In particolare, è possibile distinguere tra attività del patrimonio culturale non operative e attività del patrimonio culturale operative, dove le prime sono possedute dall’amministrazione primariamente per la loro valenza culturale e le seconde, oltre ad avere una valenza culturale, per essere impiegate nell’erogazione di servizi in quanto beni strumentali. Tale distinzione incide sulla scelta del criterio di valutazione e richiede particolari informazioni integrative per riclassificare separatamente le attività del patrimonio culturale all’interno delle voci dello stato patrimoniale: “beni demaniali” e “beni patrimoniali indisponibili”.

Il criterio di valutazione generale delle immobilizzazioni è quello del “costo”. Nel caso in cui, invece, siano acquisite senza corrispettivo, il valore iniziale deve essere determinato attraverso il criterio del “valore di mercato” oppure quello del “costo di sostituzione”.

Nello specifico delle immobilizzazioni del patrimonio culturale sono previste disposizioni particolari secondo cui il loro valore iniziale, se acquisite con un’operazione senza corrispettivo, è determinato applicando uno dei seguenti criteri di valutazione:

a) valore di mercato;

b) costo di sostituzione (per le attività operative);

c) valore d’uso.

Operando per analogia con il criterio fissato per le immobilizzazioni materiali, nel caso in cui i criteri di valutazione soddisfano i postulati e i vincoli dell’informazione del bilancio d’esercizio, il valore iniziale da adottare è quello che corrisponde all’importo minore. Mentre, nel caso l’attività del patrimonio culturale provenga da altra amministrazione pubblica, il valore iniziale corrisponde al valore contabile presente nel bilancio di esercizio dell’amministrazione cedente.

In occasione della loro registrazione contabile, essendo le attività del patrimonio culturale riferibili a beni demaniali o al patrimonio indisponibile, a fronte della loro iscrizione in bilancio deve essere registrata in contropartita di pari valore, come dettaglio della riserva indisponibile dei beni demaniali e dei beni patrimoniali indisponibili, una riserva indisponibile per le attività del patrimonio culturale in modo da sterilizzarne il valore.

Nel caso in cui nessun criterio di valutazione della specifica attività culturale soddisfi i postulati e i vincoli dell’informazione del bilancio di esercizio, non viene iscritto alcun valore nello stato patrimoniale e le caratteristiche del bene sono presentate esclusivamente nell’informativa descrittiva ed extra-contabile contenuta nella nota integrativa.

Qualora l’ente abbia realizzato degli interventi migliorativi della fruibilità dell’attività del patrimonio culturale e dei conseguenti benefici economici rivenienti dal bene, è necessario rideterminare il valore contabile alla data di redazione del bilancio di esercizio, utilizzando uno dei criteri di valutazione sopra richiamati e, a seguito della rideterminazione del valore contabile alla data di redazione del bilancio d’esercizio, occorre adeguare la riserva indisponibile relativa al patrimonio culturale. Questa rideterminazione non comporta l’applicazione dell’Itas 2 relativo a “Politiche contabili, cambiamenti di stime contabili, correzioni di errori e fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio”.

Infine, si fa presente che, considerata la loro durata indefinita, le attività del patrimonio culturale non sono soggette ad ammortamento. Pertanto, se i beni del patrimonio culturale necessitano di spese ordinarie di manutenzione, di carattere annuale o infra-annuale, utili alla loro conservazione e a preservarne la fruibilità per le generazioni future, le relative spese sono iscritte nel conto economico nell’esercizio nel quale sono sostenute. Mentre, se i costi sostenuti per il bene culturale hanno funzione conservativa e si sostengono con periodicità pluriennale, sono iscritti nell’attivo patrimoniale separatamente dal bene a cui ineriscono e devono essere ammortizzati in ragione di un periodo parametrato alla periodicità dell’intervento.

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