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L'accordo di riservatezza firmato dalla partecipata non ferma l'accesso civico

Basta omettere i dati che se divulgati possono creare un danno a proprietà intellettuale, segreti commerciali e diritto d'autore

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di Pietro Alessio Palumbo

L'esistenza di un accordo di riservatezza sottoscritto da una società in controllo pubblico non può essere opposto quale limite all'esercizio dell'accesso generalizzato da parte dei cittadini. Si tratta di una clausola avente efficacia nei rapporti tra le parti e opponibile a eventuali soggetti terzi privati. Non è certo idonea a incidere sulla normativa nazionale in materia di accesso o a costituire un limite ulteriore all'ostensione oltre a quelli previsti dalla storica normativa sull'accesso documentale e da quella più giovane sull'accesso civico.

Secondo il Tar Lazio (sentenza n. 9154/2021) la possibilità di accesso ad atti e documenti previo oscuramento di alcuni dati soddisfa pienamente le esigenze di trasparenza ben bilanciandole con altre posizioni soggettive tutelate; persino quando siano in gioco interessi economici e commerciali. È sufficiente cancellare schemi, elementi, meccanismi di funzionamento la cui divulgazione può comportare un danno concreto alla tutela della proprietà intellettuale, del diritto d'autore, dei segreti commerciali.

Pur introducendo il nuovo istituto dell'accesso civico generalizzato volto a consentire l'accesso di "chiunque" a documenti e dati detenuti dai soggetti pubblici, nel 2016 il legislatore ha però voluto tutelare gli interessi pubblici e privati messi in pericolo da una ostensione indiscriminata, senza limiti e frontiere. Si è quindi operato per un verso mitigando la possibilità di conoscenza integrale e indistinta dei documenti detenuti dall'ente introducendo condizioni, per altro verso mantenendo in vita l'istituto "tradizionale" dell'accesso ai documenti amministrativi. E ciò evitando accuratamente di reimpostare la benché minima previsione riferita a quest'ultimo istituto con riguardo ai rigorosi presupposti dell'ostensione sia sotto il versante della dimostrazione della legittimazione e dell'interesse in capo al richiedente sia sotto il versante dell'inammissibilità delle richieste volte a ottenere un accesso meramente "esplorativo".

L'accesso civico costituisce un'estrinsecazione di libertà e di bisogno di cittadinanza attiva. Conseguentemente i limiti all'esplicazione di questa libertà individuati dal legislatore sono di stretta interpretazione. Su questi presupposti secondo il Tar capitolino il principio di massima trasparenza dei documenti amministrativi non può essere sacrificato sull'altare del principio di segretezza su base negoziale. Peggio ancora quando ciò avvenga senza motivare in modo puntuale l'effettiva sussistenza di un fondato e concreto pregiudizio agli interessi tutelabili. Anche perché una ponderazione equilibrata tra contrapposti interessi può spesso essere tutelata con un semplice "omissis".

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