Appalti

L'appalto può essere irregolare anche senza una sentenza di condanna

La pratica corruttiva - afferma la Corte Ue - deve comunque influenzare la parità di trattamento

di Giovanni Negri

L'irregolarità di una gara d'appalto può dipendere da comportamenti corruttivi non necessariamente riconosciuti da una sentenza penale di condanna. Questa la conclusione raggiunta dalla Corte di giustizia europea con la sentenza nella causa C-545/21 depositata ieri in una vicenda verificatasi in Italia. Nel contesto di una commessa sui lavori di ammodernamento di un tronco stradale, il ministero Infrastrutture e Trasporti ha disposto il recupero delle somme già erogate in favore di Anas, dichiarando non dovuto, perchè spesa irregolare, il residuo importo non ancora erogato. All'origine della decisione del Mit ci sono indagini penali che hanno messo in luce l'esistenza di un sistema corruttivo coinvolgente funzionari di Anas, tra i quali due membri della Commissione aggiudicatrice dei lavori.Anas ha impugnato l'ordine di recupero delle somme erogate innanzi al Tar Lazio, il quale si è rivolto alla Corte di Giustizia per sapere tra l'altro se la nozione di irregolarità, che autorizza il recupero delle somme, è applicabile anche in assenza di una sentenza di condanna penale e in mancanza di prove circa l'illegalità dell'aggiudicazione.

Con la sentenza, la Corte ricorda che l'esistenza di una irregolarità presuppone tre elementi, e cioè, una violazione del diritto dell'Unione, un'azione o un'omissione di un operatore economico all'origine di tale violazione e un pregiudizio, attuale o potenziale, provocato al bilancio Ue.In particolare, il principio di parità di trattamento degli offerenti esige che gli operatori economici interessati da un appalto pubblico dispongano delle stesse opportunità nella formulazione delle loro offerte e possano conoscere esattamente i vincoli procedurali e essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti. Inoltre, gli offerenti devono trovarsi su un piano di parità sia al momento in cui preparano le loro offerte sia al momento in cui queste sono valutate dall'amministrazione aggiudicatrice. Il principio di trasparenza, prosegue la Corte, ha l'obiettivo scongiurare il rischio di favoritismi e di arbitrarietà da parte dell'amministrazione aggiudicatrice .

Dagli elementi a disposizione dei giudici europei, osserva ancora la sentenza, emerge che, tenuto conto delle accuse di atti di corruzione diretti a influire sul procedimento decisionale di aggiudicazione dell'appalto pubblico del tronco stradale, «non si può escludere che taluni membri della commissione di gara dell'Anas abbiano favorito uno degli offerenti e discriminato i suoi concorrenti, violando così i principi di trasparenza e di parità di trattamento degli offerenti».La Corte stabilisce allora che la nozione di «irregolarità», che comunque deve essere interpretata in maniera estensiva, arriva a comprendere comportamenti che possono essere qualificati come atti di corruzione praticati nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico che ha per oggetto la realizzazione di lavori cofinanziati da un fondo strutturale dell'Unione, e per i quali è stata avviata una procedura amministrativa o giudiziaria, anche quando non è provato che tali comportamenti abbiano avuto un'incidenza reale sulla procedura di selezione dell'offerente e che non è stata constatata alcuna incidenza effettiva sul bilancio dell'Unione.

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