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La Corte Ue «apre» alla stabilizzazione dei giudici di pace

La sentenza ha stabilito un principio astratto che il giudice di merito dovrà verificare

di Marco Catalano

Un fantasma si aggira per le aule di giustizia italiane, quello della stabilizzazione dei giudici di pace. Come è noto, da pochi giorni è stata depositata la sentenza del 16 luglio 2020 nella causa C 658/18 emessa su rinvio pregiudiziale del giudice di pace di Bologna, su ricorso per decreto ingiuntivo di un giudice di pace che chiedeva il pagamento delle ferie o di relativa indennità.

L'organo europeo ha in buona sostanza affermato che l'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, che concerne alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, e l'articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea devono essere interpretati nel senso che un giudice di pace che, nell'ambito delle sue funzioni, svolge prestazioni reali ed effettive, che non sono né puramente marginali né accessorie, e per le quali percepisce indennità aventi carattere remunerativo, può rientrare nella nozione di «lavoratore», circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Le conseguenze di queste indicazioni potrebbero essere catastrofiche per lo Stato Italiano, che dovrebbe riconoscere ai magistrati onorari (scelti, certo, tramite una selezione per titoli, ma che non hanno sostenuto una competizione difficile come quella per divenire magistrato togato) i diritti derivanti dallo stato di lavoratore subordinato.

Senonchè, a ben leggere la lunga sentenza dei giudici europei, balza agli occhi come il rinvio proposto dal giudice di pace sia stato presentato nell'ambito di un procedimento per decreto ingiuntivo (proposto da un giudice di pace a un altro giudice di pace) senza che il remittente abbia consentito al datore di lavoro di intervenire.

E sì che gli articoli 101 del codice ci procedura civile e 111 della Costituzione avrebbero dovuto imporre al magistrato adito l'instaurazione di un preventivo contraddittorio, del tutto assente nelle 46 pagine di rinvio, infarcite di riferimenti a varie fonti e a richiami a dottrina con indicazione nominativa dell'autore nonostante il divieto stabilito dall'articolo 118 delle disposizioni attuative del codice di procedura civile.

In definitiva, appare quanto meno singolare che una decisione così rilevante (rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'unione europea) sia stato preso senza sentire la controparte, così violando il principio del contraddittorio e del giusto processo che ogni magistrato dovrebbe applicare.

Quanto al merito, premesso che la sentenza ha stabilito un principio astratto che il giudice di merito dovrà verificare, non si vuol negare l'apporto dei giudici di pace nel nostro ordinamento.

Si vuol però sottolineare come, anche sulla base della etimologia, si tratta di un incarico onorario, da svolgere in parallelo e a complemento con la propria attività professionale (come del resto accade per i giudici tributari, anche essi onorari).

Infatti anche parte degli ultimi, scelti in genere tra le categorie dei magistrati, commercialisti e avvocati, sovente rivendicano un trattamento economico simile ai magistrati di professione (che, non ci si stancherà di ripetere, hanno superato un concorso difficile all'esito di un lungo percorso di studi)

Purtroppo, come sovente accade in Italia, chiunque abbia instaurato un rapporto di collaborazione con una pubblica amministrazione spera sempre che lo stesso possa stabilizzarsi in rapporto a tempo indeterminato, in dispregio alle norme che prevedono il concorso come accesso ai pubblichi impieghi.

Infine, la sentenza della Cgue appena citata potrebbe fungere da spunto per rivendicazioni di stabilizzazione di un'altra categoria di ausiliari della magistratura, i giudici ausiliari presso le Corte d'appello, introdotti dal decreto legge n. 69 del 2013.

(*) Giudice contabile e tributario

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