Amministratori

Le somme versate da ente pubblico all'altro a titolo di sanzioni costiuiscono danno erariale

Secondo la Corte dei conti d'appello non si applica l'esimente della compensazione tra vantaggio e danno

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di Domenico Irollo

Integrano danno erariale potenzialmente idoneo a configurare responsabilità amministrativa anche le somme versate a titolo sanzionatorio da un ente pubblico nelle casse di un altro ente pubblico. Lo ha chiarito la Corte dei conti d'appello con la pronuncia n. 98/2020.

Il caso
Il Comune di Como ha dovuto corrispondere alla provincia di Como un importo superiore a 50mila euro quale sanzione amministrativa per inosservanza della normativa sullo scarico delle acque reflue urbane. La competente Procura contabile ha conseguentemente citato in giudizio il dirigente dell'area tecnica di riferimento, perché risarcisse l'ente locale di appartenenza. La difesa dell'interessato di contro ha eccepito, oltre che la carenza dell'elemento soggettivo della responsabilità amministrativa (dolo o colpa grave), l'assenza dell'elemento oggettivo del danno erariale per avvenuto introito da parte di altra amministrazione (Provincia di Como) delle somme sborsate dalla municipalità lariana.
L'obiezione è stata ritenuta fondata in primo grado dalla Corte dei conti della Lombardia. Per i Giudici meneghini difatti la perdita erariale subita dal Comune di Como si è tradotta in un vantaggio patrimoniale, cioè in un arricchimento, della Provincia di Como: il che, in una ottica di «finanza pubblica allargata» – senza confini finanziari e territoriali – lascerebbe inalterato il risultato finale, con un saldo pari a zero. Nella fattispecie, pertanto, opererebbe l'esimente della compensazione tra vantaggio e danno contemplata dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge n. 20/1994, in forza del quale «nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità»: ricomprendendo testualmente anche i vantaggi fruiti «da altra amministrazione», e non solo dalla stessa danneggiata, verrebbe in definitiva rimarcata la generalizzata portata applicativa della norma, operante a fronte di uno speculare vantaggio fruito da qualsiasi altra amministrazione in caso di danno arrecato da amministratori o dipendenti pubblici alle casse pubbliche.

Il verdetto di secondo grado
Di diverso avviso è invece la Corte dei conti d'appello che, pur dando atto di una giurisprudenza non univoca in tema, ha accolto le critiche della procura erariale sul punto, evidenziando in primo luogo che le somme in questione costituivano «sanzioni», in quanto tali gravate di interessi, nonché comprensive di spese di accertamento (accessi nei luoghi, rilievi fotografici, eccetera) e spese di notifica: tutti oneri e spese che non potrebbero essere considerati alla stregua di un incremento netto del patrimonio della Provincia. Inoltre, ha sostenuto che il pagamento di una somma a titolo di sanzione, pur se effettuata a favore di altro ente pubblico, si traduce in una ingiustificata sottrazione della relativa cifra all'ente sanzionato e, di riflesso, alle finalità che quest'ultimo deve perseguire per il soddisfacimento degli interessi pubblici affidati. Ciò in coerenza con gli obiettivi della sopravvenuta legge costituzionale 1/2012, che, agli articoli 2 e 4, nell'introdurre il principio del pareggio di bilancio, ha previsto che ciascuna pubblica amministrazione autonomamente e singolarmente considerata assicuri l'equilibrio dei propri conti.
Infine va sottolineata la finalità dell'azione promossa dalle procure erariali che, legandosi con le finalità di cura dell'interesse generale e con la tutela dei principi di buona amministrazione previsti dall'articolo 97 della Costituzione, ha non solo funzioni risarcitorie o restitutorie ma anche funzioni di prevenzione/deterrenza e repressivo-sanzionatorie.

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