Personale

Legittimo il licenziamento per sorveglianza del dipendente tramite detective privato

Il caso riguarda le frequenti e prolungate soste in alcuni esercizi pubblici-bar dei Comuni dove il lavoratore - addetto al ritiro porta a porta di rifiuti urbani - doveva svolgere il servizio

Legittimo il licenziamento per sorveglianza del dipendente tramite detective privato

di Pietro Alessio Palumbo

La Corte di cassazione (sentenza n. 8707/2025) ha chiarito che il datore di lavoro che sospetta comportamenti infedeli di un proprio dipendente può legittimamente avvalersi di “detective privati”.

Secondo la Suprema corte le disposizioni dello Statuto dei lavoratori, nel limitare la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a tutela del patrimonio dell’ente, non precludono a quest’ultimo di ricorrere ad agenzie investigative, purché queste non sconfinino nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria che invece è riservata direttamente al datore di lavoro o ai suoi diretti collaboratori.

Pertanto l’utilizzo di un investigatore privato può avere luogo, legittimamente, per l’avvenuta prospettazione di illeciti e per l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione. In ogni caso, evidenzia la Corte, l’intervento deve limitarsi agli atti illeciti del dipendente non riconducibili al mero adempimento dell’obbligazione lavorativa.

Nella vicenda, la Corte di appello, confermando la pronuncia del Tribunale aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato al dipendente a fronte di pause osservate durante l’orario di lavoro e, in particolare, le frequenti soste in alcuni Bar dei Comuni dove il lavoratore aveva svolto servizio. La Corte territoriale aveva rilevato che dall’analisi dei GPS installati sui mezzi guidati dal dipendente, era comprovato che il lavoratore, durante l’orario di lavoro, si era trattenuto presso diversi pubblici esercizi, e per molto tempo.

Secondo la Corte di cassazione i controlli del datore di lavoro, anche a mezzo di agenzia investigativa, sono legittimi se finalizzati a verificare comportamenti del lavoratore che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente, fonti di danno per il datore medesimo, non potendo, invece, avere ad oggetto l’adempimento o inadempimento della prestazione lavorativa vera e propria. Il controllo tramite agenzie investigative si giustifica per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, laddove vi sia il sentore o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione.

Non è quindi escluso il potere del datore di lavoro di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica o anche attraverso personale esterno – costituito da dipendenti di una agenzia investigativa - l’adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare trasgressioni specifiche dei dipendenti già commesse o in corso di esecuzione. E ciò a prescindere dalle modalità del controllo, che può avvenire anche occultamente, senza che vi ostino il principio di correttezza e di buona fede nell’esecuzione dei rapporti o il divieto riferito all’uso di apparecchiature per il controllo a distanza.

La Corte ha ricordato che la nozione di patrimonio tutelabile in sede di esercizio del potere di controllo dell’attività dei lavoratori va intesa in una accezione estesa; va riconosciuto il diritto del datore di lavoro di tutelare il proprio patrimonio, costituito non solo dal complesso dei beni, ma anche dalla propria immagine esterna, così come accreditata presso il pubblico. Può pertanto affermarsi che la tutela del patrimonio tutelabile può riguardare anche la difesa dalla lesione all’immagine e al patrimonio reputazionale dell’ente datore di lavoro, che sono non meno rilevanti dell’elemento materiale dei beni aziendali.

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