Personale

Mancata timbratura del cartellino, la sanzione del licenziamento non è un automatismo

L'amministrazione conservi il potere-dovere di valutare l'effettiva portata dell'illecito

di Pietro Alessio Palumbo

La Corte di cassazione (sentenza n. 4800/2023) ha chiarito che la sanzione del licenziamento non va considerata un automatismo: è errato trarre l'intenzionalità della condotta fraudolenta del lavoratore dalla mera circostanza in sé dell'uscita dall'ufficio in mancanza di previa autorizzazione e timbratura che costituiscono violazione presuntivamente grave ma rispetto alla quale va sempre operato il contestuale e non frazionato esame degli elementi concreti dedotti dal lavoratore e diretti a vincere tale presunzione.

Nella vicenda affrontata dalla Suprema Corte il dipendente comunale era stato licenziato pur essendo stati presenti alla medesima cerimonia altri suoi colleghi e aver inoltre regolarmente timbrato al rientro nella sede di servizio alla fine della cerimonia.

Il legislatore dell'organizzazione del pubblico impiego ha precisato che non solo l'alterazione o manomissione del sistema di rilevamento delle presenze in servizio, ma anche l'allontanamento dall'ufficio non accompagnato dalla necessaria timbratura, integra una modalità fraudolenta diretta a rappresentare una situazione apparente diversa da quella reale. Su queste basi costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque condotta fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa, circa il rispetto dell'orario di lavoro. Restando fermi gli istituti più generali del licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo, sono state introdotte e tipizzate dal legislatore alcune ipotesi di infrazione particolarmente gravi, come tali ritenute idonee a fondare il licenziamento.

A fronte della fattispecie legale si pone quindi il problema di verificare i principi che vanno applicati nel valutare la legittimità della sanzione irrogata dall'amministrazione, una volta accertato che il lavoratore abbia commesso una delle mancanze previste dalla normativa. E pertanto se il licenziamento sia una conseguenza automatica e sempre necessaria ovvero se l'amministrazione conservi il potere-dovere di valutare l'effettiva portata dell'illecito tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto; quindi di graduare la sanzione da irrogare al dipendente potendo ricorrere a quella espulsiva solamente nell'ipotesi in cui il fatto presenti i caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento.

Secondo la Suprema Corte anche alla luce dello sfavore manifestato dalla giurisprudenza costituzionale rispetto agli automatismi espulsivi va rilevato che la normativa, pur cristallizzando dal punto di vista oggettivo la gravità della sanzione, consente comunque la verifica della sussistenza dell'elemento intenzionale o colposo; ossia la valutazione se ricorrono elementi che assurgono a possibile scriminante della condotta valutando la gravità dell'inadempimento imputato al lavoratore in relazione alle effettive circostanze.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©