Massimo ribasso e calcolo dell'anomalia, illegittime le norme "divergenti" della Sicilia
La Consulta boccia le innovazioni della legge regionale in vigore da ottobre 2019 ma subito impugnata dal Cdm
Sono rimaste in vita 16 mesi circa le norme della legge appalti della regione Sicilia che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime con la pronuncia pubblicata oggi. Norme che sono state subito impugnate dal Consiglio dei ministri mentre a sostegno della Regione sono scesi in campo i costruttori siciliani aderenti all'Ance (che si sono proposti, sia pure infruttuosamente, nel giudizio costituzionale "ad opponendum").
Al di là del giudizio cristalino della Consulta - in quanto le misure invadono nettamente le competenze statali - le regole implementate dalla Regione a partire dal 30 settembre 2019 intervengono sul delicatissimo tema delle regole che indirizzano le imprese alla formulazione dell'offerta economica per gli appalti sottosoglia. Cioè il segmento di mercato dove opera la stragrande maggioranza di imprese del territorio e dove la competizione è altissima e dove l'alto numero di concorrenti fa spesso somigliare l'esito di aggiudicazione a un sorteggio tra offerte sul filo del millesimo di punteggio.
Una delle due norme dichiarate illegittime (l'art. 4, comma 1, primo periodo) impone alle stazioni appaltanti di adottare il criterio di aggiudicazione del massimo ribasso per tutti gli affidamenti di appalti sottosoglia di soli lavori. La seconda norma bocciata dalla consulta è strettamente correlata alla precedente e prevede (art. 4, comma 1, dal secondo periodo in poi, e comma 2) un metodo di calcolo della soglia di anomalia delle offerte diverso da quello del codice appalti.
La "riforma" attuata dalla Sicilia - si ricava dalla ricostruzione della pronuncia della Corte Costituzionale - viene motivata dall'amministrazione dell'Isola con la volontà di uscire da una situazione per cui «le regole statali avrebbero portato, "in Sicilia, a parità di condizioni, [a] una tendenza all'aumento della media dei ribassi offerti rispetto alle restanti regioni italiane, atteso l'elevato numero di partecipanti alle gare". La crescita esponenziale dei ribassi offerti sarebbe dovuta "alla grande concentrazione di imprese edili sul territorio regionale ed al fatto che il numero medio di partecipanti alle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici» sarebbe «uno dei più elevati d'Italia"». Da qui l'idea di introdurre «un correttivo al metodo di calcolo volto ad "aggiudicare le gare di appalto a fronte di soglie di ribasso 'sostenibili' rispetto a quanto, invece, avvenuto in costanza dell'applicazione della norma statale"».
Obiettivi evidentemente condivisi dai costruttori edili. Di tutt'altro parere la Corte costituzionale, che ovviamente non entra nel campo delle ragioni che hanno determinato la scelta di modificare una norma statale (articoli 36, 95 e 97 del codice appalti). A rendere illegittime le norme basta la scelta di averlo fatto. «In definitiva - concludono i giudici - rileva qui che il legislatore siciliano – come del resto si evince dagli stessi argomenti addotti dalla difesa regionale, che ragiona espressamente della disposizione in esame come di un "correttivo" alla norma statale – abbia adottato previsioni che introducono un criterio alternativo di aggiudicazione dei lavori sotto soglia, nonché di verifica della anomalia delle offerte».