Appalti

Nell'accordo quadro conta il valore a base di gara, non quello massimo presunto

I due tipi di importo, afferma il Tar Lazio, sono concettualmente distinti: solo il primo è da prendere a riferimento per l'offerta economica (e per l'eventuale esclusione dell'impresa)

di Roberto Mangani

Nella procedura di gara finalizzata all'affidamento di un accordo quadro il valore totale indicato nei documenti di gara come importo massimo dello stesso non coincide con l'importo a base di gara. Di conseguenza, l'offerta di un concorrente può essere esclusa solo se di importo superiore all'importo a base di gara, non rilevando il diverso importo indicato come valore massimo presunto dell'accordo quadro. Si è espresso in questi termini il Tar Lazio, Sez. III, 22 maggio 2023, n.8633, con una pronuncia che riassume in maniera efficace i punti qualificanti dell'accordo quadro anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali. Tuttavia la questione specifica affrontata viene risolta con una soluzione che lascia perplessi, e che sembra debba essere rivalutata anche alla luce di una specifica novità contenuta nel nuovo Codice dei contratti pubblici.

La vicenda e il contenzioso

Un ente appaltante aveva indetto una procedura aperta per l'affidamento mediante accordo quadro di una fornitura di abbigliamento, dispositivi di protezione individuale e calzature per la sicurezza, suddivisa in due distinti lotti. In particolare il lotto 2 prevedeva un valore totale massimo della fornitura pari a 11.910.000 euro, composto da un importo base di 7.940.000 euro per 36 mesi cui andava aggiunto in via opzionale un ulteriore importo pari a 3.970.000 euro nel caso in cui l'ente appaltante avesse deciso di esercitare l'opzione al rinnovo per ulteriori 18 mesi. Il bando di gara precisava che il suddetto valore massimo era da considerarsi un importo presunto, nel senso che l'aggiudicatario non poteva pretendere nulla qualora l'importo delle prestazioni effettivamente richieste fosse stato inferiore, cosicché alla scadenza dell'accordo quadro il valore delle forniture eseguite fosse stato anche sensibilmente inferiore al valore massimo ipotizzato.

Nella stessa documentazione di gara era previsto che, relativamente a una parte dei prodotti oggetto della fornitura, il relativo prezzo unitario non potesse essere superiore all'importo unitario base indicato dallo stesso ente appaltante. Attraverso la moltiplicazione di tale ultimo importo per le quantità presunte – ricavate dallo storico degli acquisti degli ultimi anni – l'ente appaltante indicava un importo a base di gara pari a 3.968.381,60 euro, riferito evidentemente solo a una parte della fornitura complessiva. Veniva inoltre precisato che tale valore era determinato ai soli fini dell'attribuzione del punteggio economico e non poteva quindi considerarsi indicativo dell'incidenza di questa parte delle forniture rispetto al valore complessivo dell'appalto. Infine, a completamento del quadro, tra le cause di esclusione veniva indicata la circostanza che l'offerta presentata contenesse anche un solo prezzo unitario superiore all'importo unitario base – in relazione alla parte della fornitura per la quale tale importo veniva indicato – nonchè l'ipotesi in cui il valore complessivo offerto (prezzi unitari moltiplicati per relative quantità) fosse pari o superiore all'importo a base di gara.

Alla gara partecipavano quattro concorrenti e una volta intervenuta l'aggiudicazione il secondo classificato la impugnava proponendo ricorso davanti al giudice amministrativo. Il motivo principale posto a fondamento del ricorso si basava sulla mancata esclusione dell'offerta dell'aggiudicatario che secondo il ricorrente avrebbe dovuto intervenire in quanto la stessa recava un prezzo superiore all'importo a base di gara. Più in particolare, il ricorrente rilevava che l'offerta economica dell'aggiudicatario era di importo superiore a 8 milioni di euro, cioè superiore all'importo di 7.940.000 euro che, sempre nella prospettazione del ricorrente, costituiva l'importo a base di gara. A questa censura l'ente appaltante replicava evidenziando che l'unico importo indicato nella documentazione di gara come importo a base d'asta era quello di 3.968.381,60 euro, relativo solo a una parte della fornitura, e corrispondente alla sommatoria degli importi unitari indicati dall'ente appaltante moltiplicati per le quantità presunte. L'importo di 7.940.000 euro non era invece da considerare un importo a base di gara, bensì unicamente come il valore massimo complessivo dell'accordo quadro, rappresentava cioè il limite di spesa dell'ente appaltante per l'acquisto dei prodotti oggetto della fornitura. Si trattava quindi di un valore che costituiva un autovincolo stabilito dall'ente appaltante ai fini di definire il limite massimo dell'esborso economico che lo stesso poteva sostenere in sede di esecuzione dell'accordo quadro. Il superamento di tale valore massimo non costituiva quindi causa di esclusione dalla gara.

La pronuncia del Tar Lazio e gli argomenti dei giudici
Il giudice amministrativo ha respinto il ricorso, aderendo alla linea difensiva dell'ente appaltante. Per giungere a questa conclusione il giudice amministrativo sviluppa un iter argomentativo che prende le mosse dalla definizione di accordo quadro contenuta nel D.lgs. 50/2016. Secondo questa definizione l'accordo quadro è un accordo tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici volto a stabilire le clausole che andranno a disciplinare gli appalti da affidare entro un determinato arco temporale, in particolare per quanto riguarda il prezzo ed eventualmente le quantità previste. Sulla base di questa definizione la giurisprudenza amministrativa ha precisato che l'accordo quadro è una particolare modalità di scelta del contraente che, in funzione semplificatoria, mira a definire le clausole che disciplineranno i futuri appalti da affidare in un determinato arco temporale con l'indicazione in particolare dei prezzi e delle quantità previste. Questo istituto appare particolarmente idoneo da utilizzare in tutti i casi in cui gli enti appaltanti non sono nelle condizioni di predeterminare in maniera precisa e circostanziata i quantitativi delle prestazioni da eseguire in un determinato periodo di tempo.

Sotto questo profilo l'accordo quadro può essere inquadrato nella tipologia dei contratti normativi, cioè quei contratti da cui non conseguono nell'immediato effetti reali o obbligatori, e il cui unico effetto pratico è quello di vincolare le parti contraenti al rispetto delle condizioni fissate nell'accordo quadro ai fini della disciplina dei successivi contratti esecutivi. La configurazione dell'accordo quadro in termini di contratto normativo comporta che l'aggiudicatario dello stesso non acquisisce alcun diritto o aspettativa a eseguire le prestazioni nella misura indicata come valore massimo dell'accordo quadro nei documenti di gara. L'aggiudicatario è infatti unicamente la controparte contrattuale dell'ente appaltante in relazione ai singoli contratti esecutivi che l'ente appaltante riterrà di stipulare, il cui numero non è determinabile a priori in quanto gli stessi sono destinati ad essere stipulati in relazione al progressivo manifestarsi delle esigenze del medesimo ente appaltante, fermo restando il vincolo costituito dal valore massimo indicato in sede di gara.

In questa logica anche la giurisprudenza comunitaria ha affermato che nell'accordo quadro è necessario fissare il solo valore massimo dello stesso che definisce il limite dello sforzo organizzativo che potrà essere richiesto all'aggiudicatario, al fine di garantire il rispetto dei principi della parità di trattamento e della trasparenza.Da questi principi giurisprudenziali il Tar Lazio giunge ad affermare che ai fini della legittimità dell'affidamento dell'accordo quadro l'unico obbligo che hanno gli enti appaltanti è quello di fissare nella documentazione di gara il valore dell'accordo quadro stesso, che costituisce un limite che opera in duplice direzione: limite massimo di spesa che l'ente appaltante non può superare e limite massimo delle prestazioni che possono essere richieste all'aggiudicatario. Ricostruito in questi termini il quadro d'insieme, il Tar Lazio rileva che tale valore massimo non è tuttavia coincidente con l'importo a base di gara. Nel caso di specie, quest'ultimo è stato definito dall'ente appaltante con esclusivo riferimento a una parte della fornitura, ai fini peraltro della determinazione del relativo punteggio per l'offerta economica.

Ne consegue che per questa parte della fornitura – ma solo per questa – i concorrenti avevano il limite insuperabile di non formulare offerte di importo superiore all'importo a base di gara, pena l'esclusione delle stesse. Al contrario, nessun importo a base di gara è stato previsto con riferimento all'altra parte della fornitura, rispetto alla quale ai concorrenti è stata lasciata la più ampia libertà nella formulazione delle loro offerte. L'offerta formulata dall'aggiudicatario recava, con riferimento ai prodotti inclusi nella parte di fornitura per la quale era stata fissato un importo a base di gara, un importo inferiore a quest'ultimo. Di conseguenza la stessa non andava esclusa, a nulla rilevando che complessivamente – e cioè con riferimento all'intera fornitura, comprensiva anche dei prodotti per i quali l'ente appaltante non aveva indicato la base d'asta – l'offerta economica contenesse un importo superiore al valore massimo dell'accordo quadro. Le complessive argomentazioni sviluppate dal giudice amministrativo e le relative conclusioni si basano su un assunto di base: il valore massimo presunto dell'accordo quadro e l'importo a base d'asta sono due concetti distinti. Il primo indica il limite invalicabile di spesa che l'ente committente non può superare, che tuttavia non coincide con l'importo a base di gara.

Le perplessità sulla distinzione concettuale dei due valori
In realtà questa netta distinzione lascia perplessi. Il valore dell'accordo quadro rappresenta l'ammontare massimo delle prestazioni che possono essere eseguite sulla base dei contratti esecutivi dello stesso; e l'importo a base d'asta esprime il medesimo concetto, cioè il valore delle prestazioni che vengono messe in gara per essere affidate e successivamente eseguite.Che tra i due valori vi sia una sostanziale coincidenza sembra essere confermato, ad esempio, dalle regole che governano la qualificazione dei concorrenti. Se tale qualificazione deve essere adeguata alle prestazioni da eseguire, non appare coerente che la stessa sia commisurata a un importo a base di gara per ipotesi inferiore – come ritenuto nel caso di specie – al valore totale dell'accordo quadro. Infatti, ciò potrebbe comportare l'esecuzione di prestazioni da parte di soggetti non adeguatamente qualificati, cioè in possesso di requisiti idonei per importi inferiori a quelli relativi alle prestazioni da eseguire.

Cosa dice il nuovo codice appalti
Quanto appena detto sembra trovare un'indiretta conferma in una previsione innovativa contenuta nel D.lgs. 36 con riferimento alla disciplina dell'accordo quadro. L'articolo 59, comma 1, contiene infatti una formulazione non presente nel D.lgs. 50 secondo cui «L'accordo quadro indica il valore stimato dell'intera operazione contrattuale». Anche se non è esplicitato che tale valore coincide con l'importo a base di gara, l'introduzione di questa previsione sembra andare nel senso della coincidenza tra i due elementi. L'esplicito obbligo di indicare il valore (presunto) dell'accordo quadro appare correlato non solo alla definizione di un limite di spesa per l'ente appaltante, ma anche alla determinazione dell'importo stimato da porre a base di gara, cui concorrenti ed ente appaltante devono riferirsi per determinare le regole della procedura di gara, anche con riferimento ai requisiti di qualificazione.

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