Amministratori

No alla delibera del consiglio comunale che dichiara lo stato di dissesto senza spiegare le ragioni del mancato ricorso al riequilibrio

Lo ha stabilito il Tar Abruzzo che ha accolto il ricorso proposto dagli ex amministratori di un Comune

di Pietro Verna

La deliberazione del consiglio comunale che dichiara lo stato di dissesto in base all'articolo 246 del Dlgs 267/2000 deve indicare le ragioni per le quali l'ente non ha optato per la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (predissesto) di cui all'articolo 243-bis del Tuel, «quale misura speciale straordinaria, attivabile quando, da un lato, non ci sono risorse sufficienti a ripristinare gli equilibri nei modi e nei tempi degli artt. 193 e 194 del TUEL, e, dall'altro, ci sono ragionevoli margini di recupero entro un orizzonte temporale allargato». Diversamente operando, si violerebbe il principio per il quale la soluzione del dissesto costituisce l'extrema ratio cui ricorrere solo quando non è possibile attivare le altre opzioni previste dalla legge quali il dissesto guidato (articolo 6, comma 2, del Dlgs 149/2011) e la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale.

Lo ha stabilito il Tar Abruzzo con la sentenza n. 325/2022 che ha accolto il ricorso proposto dagli ex amministratori di un Comune contro la delibera del consiglio comunale che aveva dichiarato lo stato di dissesto dell'ente a seguito dell'accertamento di un disavanzo di amministrazione di importo pari a 3.390.015,81 euro. Disavanzo che - recitava la delibera - non avrebbe consentito «il ripiano ai sensi dell'art. 188 del d.lgs. 267/2000 , né attraverso il sistema di cui agli artt. 193 (Salvaguardia degli equilibri di bilancio) e 194 ( Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio) o ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale».

I ricorrenti avevano chiesto l'annullamento della delibera perché affetta da eccesso di potere per travisamento dei fatti («Il Comune di Guardiagrele non ha crediti certi liquidi ed esigibili di terzi cui non possa far fronte») e per difetto di motivazione («la relazione allegata alla delibera di dissesto parla solo di una condizione di grave squilibrio finanziario non fronteggiabile [senza] operare alcun approfondimento riguardo alla capacità di garantire le funzioni ed i servizi indispensabili»). A loro dire, l'attività di riaccertamento dei residui sarebbe stata connotata da molteplici errori e omissioni e da un'istruttoria sommaria, i debiti fuori bilancio non sarebbero stati «identificabili né sarebbe stata accertata una situazione deficitaria sulla base dei parametri previsti dall'art. 242, comma 1, del Tuel. Tesi che i difensori del comune di abruzzese avevano respinto alla luce dei rilievi formulati dalla Corte dei conti sulla gestione dell'ente: dalla «elevata» quantità di residui attivi alla «forte» riduzione del fondo crediti di dubbia esigibilità, dal «continuo » ricorso alla anticipazione di tesoreria alla disapplicazione del principio di competenza finanziaria potenziata ( allegato 4/2 del Dlgs 118/2011).

Argomentazioni che hanno parzialmente colto nel segno. Il giudice amministrativo, pur escludendo l'eccesso di potere («la dichiarazione di dissesto non è stata frutto di operazioni manipolative né arbitrarie da parte del Consiglio comunale […] dal momento che le risultanze degli accertamenti contabili compiuti sono state conseguenti ad una serie di irregolarità [già] oggetto di rilievo da parte della Corte dei conti»), ha ritenuto la delibera illegittima per difetto di motivazione («negli atti impugnati non è rinvenibile una motivazione circostanziata da cui evincere le concrete ragioni poste a base della scelta di optare per il dissesto senza ritenere esperibile la procedura di cui all'articolo 243- bis citata dal momento che le asserzioni contenute [nella delibera] non danno conto dell'impraticabilità di tale soluzione alternativa»). Ciò non mancando di "richiamare" gli amministratori degli enti locali a tener conto dell' orientamento secondo cui il piano di riequilibrio finanziario pluriennale «assume una sua peculiarità per il fatto che, pur presupponendo una situazione di evidente deficitarietà strutturale prossima al dissesto […] tende a valorizzare la responsabilità degli organi ordinari dell'ente nell'assunzione delle iniziative per il risanamento » (Corte dei conti – Sez. Autonomie, deliberazione 8/1/2013 n. 1) e « permette di non rompere l'unità del bilancio e di favorire il recupero dell'Amministrazione rispetto alla comunità amministrata» ( Corte dei conti, Sezione regionale per la Calabria, deliberazione n. 11/2014; cfr. Corte dei conti, Sezione Autonomie, deliberazione n. 5/SEZAUT/2018/INPR "Linee Guida per l'esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza").

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