Amministratori

Partecipate, basta un parametro critico per imporre la «razionalizzazione»

Le Sezioni riunite hanno analizzato i piani delle società partecipate dai ministeri e dagli enti pubblici nazionali

di Alberto Barbiero

La sussistenza di uno dei parametri di criticità previsti dal Dlgs 175/2016 comporta per le amministrazioni pubbliche socie l'adozione di misure di razionalizzazione, sia tra quelle previste dallo stesso Testo unico sia diverse.

La Corte dei conti, sezioni riunite in controllo, con la deliberazione n. 19/2020 ha analizzato i piani di razionalizzazione delle società partecipate dai ministeri e dagli enti pubblici nazionali, andando tuttavia a chiarire in premessa gli elementi essenziali del processo di sviluppo che deve essere realizzato da tutte le amministrazioni pubbliche entro il 31 dicembre di ogni anno.

Il referto precisa che la ricorrenza di uno dei parametri previsti dall'articolo 20 del Dlgs 175/2016 (ad esempio, partecipazione in società priva di dipendenti) non obbliga necessariamente l'amministrazione pubblica socia all'adozione di provvedimenti di alienazione o scioglimento, ma impone l'esplicitazione formale di azioni di razionalizzazione anche differenti, come ad esempio la fusione, soggette a verifica entro l'anno successivo.

La Corte dei conti evidenzia come la scelta delle soluzioni più idonee per la razionalizzazione sia di esclusiva competenza delle amministrazioni socie, che possono optare per uno dei percorsi indicati dalla normativa, ma anche per moduli di riassetto diversi (come ad esempio, la cessione di un ramo d'azienda).

L'analisi dei magistrati contabili chiarisce anche la portata dell'obbligo di motivazione, che deve essere esplicitato dalle amministrazioni non solo per il mantenimento delle partecipazioni, ma anche per giustificare le scelte di razionalizzazione effettuate, partendo dal presupposti che le scelte concretamente operate per l'organismo restano affidate all'autonomia e alla discrezionalità degli enti soci, in quanto coinvolgono profili gestionali e imprenditoriali rimessi alla loro responsabilità.

Il referto contiene anche una dettagliata disamina degli esiti dell'attività di controllo in caso di risultanze negative.La Corte dei conti precisa che in una simile situazione non si può prospettare l'inefficacia del provvedimento di revisione né l'estensione analogica delle sanzioni tipizzate dall'articolo 20, comma 7, del Testo unico in caso di mancata adozione dei piani di revisione periodica da parte degli enti locali.

Pertanto, l'esito negativo del controllo della stessa Corte sui provvedimenti di revisione può condurre, in primo luogo, all'adozione di una pronuncia di accertamento delle illegittimità riscontrate, stimolando, anche in ragione della pubblicazione sul sito internet dell'amministrazione e dell'invio all'organo politico di vertice (e a quello di revisione economico-finanziaria, dove presente), l'adozione di misure correttive (che potrebbero consistere, nei casi più gravi, nell'annullamento in autotutela del provvedimento).

Inoltre, la verifica della non puntuale attuazione degli obblighi posti in tema di revisione delle partecipazioni alle norme di legge può condurre, in caso di ricorrenza dei presupposti, alla segnalazione di un'ipotesi di responsabilità amministrativa, con conseguente comunicazione della delibera di accertamento alla competente Procura regionale.

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