Pnrr, passaggio di testimone per evitare mancato o viziato adempimento
Il problema è realizzare e bene, non già restituire le risorse del Recovery Plan all'Ue, per mancato ovvero viziato adempimento. Il Governo in uscita si dà ancora da fare come può. Invero, un po' al di sotto di come avrebbe potuto. Ha appena approvato le tre riforme sui due riti, civili e penale, e sull'ufficio del processo. Per le altre, c'è attesa spasmodica per essere puntuali con gli impegni assunti, specie relativamente all'assistenza degli anziani e dei non autosufficienti in generale, che coinvolge una gran parte della Nazione (oltre 10 milioni, tra assistiti, familiari e addetti).
Un testimone che passa per raggiungere la meta
Non ce la farà il Draghi in scadenza. Vorrà dire che competerà al nuovo Governo adempiere e, forse, modificare qualcosa del Pnrr in vigenza e, per molti versi, in difficoltà applicativa, attesi i rincari insostenibili e i pericoli di invasione epidemica dovuta al cambiamento climatico (Pierre Delsaux, D.G. Hera, dixit). Quindi, un Governo che esce (Draghi, con la sua agenda) e un altro che entra (verosimilmente, presieduto dalla Meloni, che dovrà scrivere la sua avendo fatto opposizione).
Un desiderio cui deve coincidere la realizzazione
Quanto al Pnrr, che rappresenta l'appuntamento più importante annotato nell'agenda di chicchessia, il Paese ha adempiuto agli obblighi unionali laddove questi richiedevano la individuazione degli obiettivi da perseguire. Ciò ha rappresentato un romanzo programmatico accettabile, alla portata di chiunque (o quasi), anche perché segnatamente disegnato su progetti vecchi, risalenti alla delibera Cipe n. 121 del 21 dicembre 2001 con al Mef Giulio Tremonti (si veda NT+ Enti locali & Edilizia del 31 marzo e del 1° giugno). Il "bello" deve tuttavia ancora arrivare. E il passo da compiere non sarà agevole. Il Governo di centrodestra ne avrà da spendere fiato e impegnare muscoli, sperando che ne abbia a sufficienza. Finora si è pressocché recitata una affascinante sceneggiatura, conforme ai gusti correnti. Si sono fissati gli obiettivi e si sono approntate leggi, molte delle quali alla bene meglio ma soprattutto rinviate ad altre norme tutte ancora da scrivere. Prima o poi (meglio subito, ovviamente) necessiterà affrontare il nodo delle realizzazioni. La speranza che il nuovo Governo riesca nell'ineludibile impegno ed eviti, così com'è d'uso, di prendersela con chi l'ha preceduto. All'opposizione toccherà in tal senso impegnarsi positivamente, evitando di limitarsi a vantare una strada tracciata. Ciò anche perché dagli effetti limitati a incassare acconti (l'ultimo di 21 miliardi) così come han fatto tutti in Europa, perché dovuti "per contratto".
Un esempio del corretto fare
É proprio il caso di dire che «tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare (ma anche la rete fluviale)». Il programmare è il fare per il domani, ma soprattutto per correggere i limiti del presente. Gli ennesimi disastri idrogeologici ne sono un esempio, l'ultimo quello nelle Marche. In tanti hanno duramente stigmatizzato i gravi ritardi sofferti nella realizzazione delle opere di sistemazione del territorio programmate proprio per evitare drammi del genere. Giusto. E già questo basterebbe, ma nella disgrazia c'è dell'altro di ancora maggiore gravità perché riguarda non solo quel particolare territorio e quel particolare evento ma l'intero Paese. Nell'occasione tutti (compresa la magistratura) hanno puntato il dito solo verso le carenze operative del sistema di allarme metereologico. Nessuno si è soffermato sulle carenze organizzative del sottostante sistema metereologico nazionale che ne costituisce la condizionante premessa, per la cui ridefinizione fu approvata dal Parlamento una specifica normativa di riforma che mirava a dar vita a una apposita Agenzia nazionale (legge di bilancio per il 2018). Risultato: a distanza di anni si aspetta che l'Agenzia Meteo diventi realtà godibile attraverso il buon uso che ne facciano le Regioni. Si è arrivato al punto che i fan di Bernacca lo rimpiangono.
Stati di avanzamento e rendicontazione
Le difficoltà realizzative sono tante e, con esse, il dovere di ossequio degli adempimenti pena la revoca dei finanziamenti con obbligo di restituzione. La nuova prevedibile Premier Meloni dovrà impegnarsi in tal senso. Oltre a stare con le orecchie tese sulle procedure esecutive, dovrà lavorare perché le opere divengano presto realtà godibile, messe a terre complete del personale occorrente. Difficili gli adempimenti rendicontativi, regolamentati dalla circolare n. 30/2022 della Ragioneria generale dello Stato, con le Linee guida sulle procedure di controllo e rendicontazione delle misure Pnrr (si veda NT+ Enti locali & Edilizia del 6 luglio). Un provvedimento - che fa seguito all'attenta analisi della Corte dei conti "Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)" del 15 marzo scorso - importantissimo per la sua finalità certificatoria degli obiettivi raggiunti, indispensabili per rendere dovuti al Paese i successivi ratei Ue.
Insomma, si entra nel concreto
Programmi ok, salvo attualizzazioni e previsioni al rialzo dei costi energetici; predisposizione dei bandi, viziati da inspiegabili ritardi; apertura dei cantieri che registreranno il conseguente scivolamento dei termini. A fronte di tutto questo, la Ragioneria generale dello Stato (meno male che c'è!) insedia una governance unica, rende centrale il controllo attraverso il sistema ReGis, assicurando la creazione di un censimento elettronico nel corso d'opera, sia di opere che di servizi finanziati. Il tutto attraverso l'istituzione di un «programma di perfomance, con traguardi qualitativi e quantitativi prefissati a scadenze stringenti». Ciò perché il Ragioniere dello Stato sa perfettamente che, in difetto, c'è il disastro. Da evitare, pena la catastrofe. Da qui, un Governo che faccia meglio di chiunque.
Un avviso ai naviganti al nuovo Governo
1. L'articolo 31 del Dl Aiuti-Ter, varato ultimamente dal Governo Draghi, prevede che «le risorse assegnate e non utilizzate per le procedure di affidamento di contratti pubblici, aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture ovvero la concessione di contributi pubblici relativi agli interventi del PNRR, possono essere utilizzate dalle amministrazioni titolari nell'ambito dei medesimi interventi per far fronte ai maggiori oneri derivanti dall'incremento dei prezzi delle materie prime, dei materiali, delle attrezzature, delle lavorazioni, dei carburanti e dell'energia».
2. Nella Nota di Aggiornamento al Def di prossima pubblicazione, sono elencati dati macro economici preoccupanti: la crescita del 2023 scenderà allo 0,6% contro il 2,4% previsto dal Def di aprile. Siffatta previsione fa crescere il debito di 20 miliardi di euro rispetto sempre alla previsione di aprile riducendo gli spazi di partenza della Legge di Stabilità. Questo dato fa emergere una obbligata scelta della redigenda Legge di Stabilità 2023: la impossibilità di disporre di risorse per incrementare il Pnrr con il bilancio ordinario.
Sembra strano ma i due punti sono fra loro interdipendenti. Infatti, il primo trova la soluzione della esplosione dei prezzi nello stesso Pnrr; il secondo denuncia chiaramente che la ipotesi di ricorrere a risorse del bilancio ordinario è praticamente impossibile.
Una verosimile eccezione dell'Ue
Una ulteriore considerazione: finora tutti gli interventi da parte di organi dello Stato avevano ribadito la non condivisione a una rivisitazione del Pnrr cosa che invece, con l'articolo 31 del Dl Aiuti-Ter, viene superata dando vita a una trasformazione sostanziale purché si utilizzino risorse assegnate a opere che non verranno più realizzate. Per cui non appena gli Uffici della Ue digeriranno l'anzidetto Dl ricorderanno al Governo che «è prevista la possibilità per gli Stati membri di apportare delle modifiche ai rispettivi piani nazionali di ripresa e resilienza; a stabilirlo è l'art. 21 del Regolamento UE 2021/241, tuttavia le modifiche devono essere giustificate da circostanze oggettive per le quali non è più possibile realizzare i traguardi e gli obiettivi inizialmente previsti. Sarà la Commissione Europea a valutare tali giustificazioni entro due mesi di tempo dalla richiesta. Nell'esaminare il PNRR modificato l'organo esecutivo della Unione Europea considera numerosi elementi e criteri». In realtà, i prossimi non saranno mesi facili dovendo sopravvivere a due tristi realtà:
• una incapacità della spesa come si evince nell'ultima comunicazione del Mef: su 191,5 miliardi di euro del Pnrr entro la fine dell'anno saremo in grado di spenderne solo 21 miliardi. Tutto questo dopo due anni e mezzo dall'avvio del Pnrr;
• una Nota Aggiuntiva al Def che anticipa una Legge di Stabilità che contiene una serie di esigenze finanziarie ed una perdita secca di oltre 20 miliardi a causa del crollo del Pil.