Appalti

Pnrr, vale 10 miliardi il fondo extracosti sugli appalti 2023

Solo 500 milioni sull'anno prossimo , il resto nel 2024-27 Ok entro marzo al terzo lotto Tav, rinasce la società del Ponte sullo Stretto

di Gianni Trovati

Nell'impianto iniziale della manovra la replica del fondo per coprire gli aumenti dei costi prodotti dall'inflazione sugli appalti del Pnrr non c'era, com'era stato spiegato nella prima cabina di regia del governo Meloni. Ma l'allarme sulle opere del Piano è stato tale da far cambiare rotta in fretta: al punto che nell'ultima bozza della legge di bilancio in arrivo domani alla Camera la replica del fondo destinata agli appalti 2023 è ancora più grande dell'originale, e mette a disposizione 10 miliardi contro i 7,5 dell'anno scorso. La somma deve però farsi largo in margini di bilancio disagevoli, e questo incide sulla scansione delle risorse: sul 2023 saranno pagati 500 milioni, il resto è spalmato sul 2024-27 con una progressione che concentra 3,5 miliardi sull'ultimo anno. Il bis del fondo sugli extracosti era stato giudicato essenziale soprattutto dai costruttori e dagli enti locali, che proprio nel 2023 attendono l'avvio di larga parte degli affidamenti per i lavori del Pnrr.

Ma per gli amministratori locali potrebbero essere in arrivo altre novità. Le prime bozze della manovra nei giorni scorsi (senza le cifre) avevano suscitato malumori per la procedura complessa pensata per l'accesso ai contributi del fondo. L'iter prevedeva due elenchi ministeriali, a gennaio e giugno, dei progetti da coprire, a stretto giro la conferma da parte degli enti locali che poi, una volta ricevuta la preassegnazione del contributo, avrebbero dovuto indicare il fabbisogno effettivo entro cinque giorni dal perfezionamento del codice di ogni gara. Nella versione circolata ieri l'ultimo passaggio è sparito, ma le riunioni tecniche si susseguono e puntano a ulteriori semplificazioni che potrebbero rientrare nel testo finale o presentarsi come emendamenti nella corsa parlamentare della legge. Il punto è cruciale per i sindaci che nei mesi scorsi hanno già visto andare deserte molte gare per un livello dei prezzi che non corrispondeva più ai quadri economici. Ma lo è almeno altrettanto per il governo che osserva preoccupatissimo il ritmo di spesa effettiva largamente inferiore alle previsioni iniziali.

«Sulla programmazione 2014-2020 abbiamo speso circa il 50% su poco più di 80 miliardi - è tornato a spiegare ieri il ministro per il Pnrr Raffaele Fitto -, ora dovremmo spendere in cinque anni una cifra tripla». I timori governativi sono pratici ma anche politici («non vorremmo essere noi quelli che rimangono con il cerino in mano», ha detto Fitto), e per superarli si punta su una «verifica caso per caso» di quel che è accaduto fin qui e su un nuovo giro di interventi per modificare la governance del Pnrr e semplificarne le procedure: anche su filoni strategici come gli asili nido al centro degli allarmi lanciati giovedì dall'Upb secondo cui 3.400 Comuni hanno ignorato i bandi pur essendo privi del tutto o quasi di strutture per l'infanzia. I primi frutti di questi lavori in corso dovrebbero apparire in un decreto sul Pnrr a metà dicembre. Ma lo sviluppo delle infrastrutture non passa solo dal Piano e anche la manovra se ne occupa parecchio. Nell'ultima bozza prevede fra le altre cose il via libera del Cipess al terzo lotto della Tav Torino-Lione entro il 31 marzo e la riapertura della società per il ponte sullo Stretto di Messina, nata nel 1981 e in liquidazione dal 2013, con le attese norme sull'aumento di capitale fino a 50 milioni da parte di Anas e Rfi e sulla sospensione dei ricorsi pendenti per molte centinaia di milioni che potranno essere chiusi con «atti transattivi di reciproca integrale rinuncia» da approvare entro 90 giorni con Dpcm.

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