Personale

Precari, la stabilizzazione sana la reiterazione illegittima dei contratti a termine

L'immissione in ruolo non esclude la possibilità di richiedere il risarcimento di ulterriori danni

di Andrea Alberto Moramarco

In caso di illegittima reiterazione di contratti a termine, cioè di durata complessiva superiore a 36 mesi, sia per il personale docente che per il personale Ata, la stabilizzazione ottenuta attraverso l'operare di «strumenti selettivi-concorsuali» deve essere qualificata come «misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica e idonea a sanzionare debitamente l'abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione europea». In questi casi, tuttavia, l'avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità della domanda di risarcimento di danni ulteriori, che devono però essere provati dal docente o dal collaboratore scolastico.


A ribadire questi concetti è ancora una volta la Cassazione con l'ordinanza n. 13962/2020, depositata ieri, che si pone in continuità con la sentenza n. 3472 della sezione lavoro (si veda anche Scuola 24 del 14 febbraio) che aveva precisato la portata della sentenza della Corte di giustizia dell'unione europea dell'8 maggio 2019 causa C-494/17, cosiddetto caso Rossato e gli effetti della stabilizzazione del personale precario, sia docente che Ata, avvenuta sia prima che dopo la legge 107/2015, cosiddetta Buona scuola.

La vicenda
Nello specifico, la controversia riguarda tre lavoratrici che, a seguito della stipulazione di plurimi contratti a termine in qualità di insegnanti o collaboratori scolastici, hanno citato in giudizio il ministero dell'Università, dell'Istruzione e della Ricerca per ottenere un risarcimento del danno, posto che la stabilizzazione ottenuta non fosse «soddisfacente rispetto all'abuso». Dopo il parere favorevole del Tribunale e quello negativo della Corte d'appello, la questione è giunta in Cassazione, dove le tre ricorrenti hanno sottolineato l'aleatorietà dell'immissione in ruolo, e quindi la non efficacia di questa sanzione se non accompagnata da un ulteriore risarcimento del danno.

La decisione
La Suprema corte ha stroncato però ogni tentativo delle dipendenti scolastiche. La Cassazione ha ripercorso le fasi dell'annosa questione dell'abusiva reiterazione dei contratti a termine nel mondo scolastico e delle relative conseguenze sanzionatorie, dalla sentenza Mascolo della Corte di giustizia dell'Unione europea del 26 novembre 2014 (cause C-22/13 e altri) fino alla sentenza Rossato della stessa Corte dell'8 maggio 2019 (causa C-494/17) – intervenuta dopo il deposito del ricorso - passando per la decisione della Corte costituzionale del 20 luglio 2016 (sentenza n. 187) fino alla pronuncia delle Sezioni unite del 15 marzo 2016 (sentenza n. 5072). Ultima tappa di questo percorso giurisprudenziale è la Sentenza del 13 febbraio 2020 n. 3472 che, nota il Collegio, ha già avuto modo di sottolineare l'adeguatezza della misura della stabilizzazione, sia per il personale Ata che per il personale docente, nonostante la diversità delle formule scelte dal legislatore per le differenti categorie di personale scolastico.
I giudici di legittimità si sono posti così sulla scia dell'ultimo interevento della Cassazione e hanno rimarcato la non aleatorietà del sistema di immissione in ruolo, che «rispetta i principi di equivalenza e di effettività», in quanto il soggetto leso dall'abusivo per il ricorso ai contratti a termine ottiene ugualmente «il medesimo bene della vita» a cui aspira, fermo restando la possibilità, in questo caso non sfruttata, di provare un danno ulteriore.

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