Prestazione d’opera, consegnatari e perdite delle partecipate: le massime della Corte dei conti
La rassegna con la sintesi del principio delle più interessanti pronunce delle sezioni regionali di controllo
Pubblichiamo di seguito la rassegna con la sintesi del principio delle più interessanti pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti depositate nel corso delle ultime settimane.
Incarichi e appalti di servizi
Gli incarichi di studio, ricerca e consulenza secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente coincidono e concretizzano un contratto di prestazione d’opera intellettuale (articoli 2229 e 2238 del codice civile), riconducibile al contratto d’opera, nel quale assume carattere centrale la personalità della prestazione resa dall’esecutore. Questa nozione resta concettualmente distinta da quella di appalto di servizi, in quanto gli incarichi di consulenza, studio o ricerca forniscono all’ente un cosiddetto contributo conoscitivo qualificato che orienta con autorevolezza l’azione, senza tuttavia vincolarla in quanto l’amministrazione pubblica può sempre discostarsi dalle indicazioni ricevute. La prestazione oggetto di un contratto di appalto, invece, coincide con un servizio che l’amministrazione recepisce senza discostarsene. Entrambe le fattispecie contrattuali possono sovrapporsi nella pratica poiché hanno in comune l’esecuzione di opere o di servizi. In linea generale, ai fini della distinzione delle due figure, giova adottare due criteri: oggettivo (natura della prestazione) e soggettivo (soggetto giuridico destinatario della prestazione). Il confine fra contratto d’opera intellettuale e contratto d’appalto è individuabile in base al carattere intellettuale delle prestazioni oggetto del primo e in base al carattere imprenditoriale del soggetto esecutore del secondo. Resta sempre nell’ambito della discrezionalità dell’amministrazione la scelta tra incarico professionale di consulenza e appalto, ma questa scelta non dovrà essere elusiva degli intenti di riduzione di spesa perseguiti né della severa disciplina prevista dall’articolo 7, del codice civile e dell’articolo 6-bis del Dlgs 165/2001.
Sezione regionale di controllo dell’Emilia-Romagna - Deliberazione n. 89/2025
Consegnatari dei beni
Ai sensi dell’articolo 32 del Rd n. 827 del 1924 non devono rendere il conto giudiziale coloro che hanno in consegna mobili di ufficio per solo debito di vigilanza o presso i quali si trovino stampe, registri od altri oggetti, di cui debba farsi uso per il servizio dell’ufficio cui il consegnatario è addetto. Di conseguenza, il debito di custodia presuppone che il consegnatario sia incaricato di gestire un deposito o un magazzino, alimentato direttamente dalla produzione o dall’acquisizione in stock di beni mobili, destinati a ricostituire le scorte operative delle varie articolazioni dell’amministrazione di appartenenza, mentre il debito di vigilanza connota l’azione del consegnatario presso ciascuna articolazione funzionale dell’amministrazione, rendendolo competente in ordine alla mera sorveglianza sul corretto impiego dei beni dati in uso agli utilizzatori nonché circa la gestione delle scorte operative di beni assegnati all’ufficio e destinati all’uso immediato. Di contro, qualora la giacenza dovesse rivelarsi – per quantità e qualità – eccedente la ragionevole necessità di assicurare il regolare funzionamento dell’unità interessata, essa dovrebbe ritenersi finalizzata non all’esigenza di funzionamento ma a quella di continuativo rifornimento, sicché verrebbe a configurarsi una vera e propria gestione contabile connotata da un debito di custodia e – dunque – soggetta alla resa del conto giudiziale. Pertanto, le scorte operative strettamente necessarie ad assicurare l’ordinario funzionamento sono escluse dalla resa del conto giudiziale, fermi gli obblighi di rendicontazione amministrativa.
Sezione giurisdizionale regionale delle Marche - Sentenza n. 151/2025
Accantonamenti per perdite delle partecipate
L’articolo 21, comma 1, del Tusp disciplina negli ultimi due periodi le ipotesi in cui l’importo accantonato può essere reso successivamente disponibile, ossia nel caso in cui: l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio; l’ente partecipante dismetta la partecipazione; il soggetto partecipato sia posto in liquidazione; il soggetto partecipato ripiani in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti. Il riferimento al ripiano, parziale o totale, delle perdite conseguite negli esercizi precedenti è una delle condizioni che consentono di liberare le risorse accantonate e rende evidente come l’accantonamento nel risultato di amministrazione debba essere commisurato non solo al risultato negativo dell’ultimo esercizio della società partecipata, ma anche agli eventuali risultati negativi pregressi che nell’ultimo bilancio societario compaiono non ancora ripianati e, quindi, riportati a nuovo. L’importo così determinato copre integralmente il rischio rappresentato dalla eventualità che l’ente socio sia chiamato, con le proprie risorse di bilancio, a intervenire per il ripiano delle perdite delle società cui partecipa.
Sezione regionale di controllo della Basilicata - Deliberazione n. 112/2025
Facoltativa la notifica impersonale e collettiva agli eredi del contribuente
di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel