Appalti

Professionisti, compensi aggiornati ma gare più difficili con il Codice appalti

Per i progettisti scatta la revisione dei parametri per le opere pubbliche fermi al 2016. Dal primo luglio però diminuiranno le gare e si innalzeranno i requisiti economici e tecnici richiesti

di Mauro Salerno

Di buono c'è la definizione dei parametri per calcolare i compensi, arrivata sul filo di lana, con un allegato ad hoc («I.13») e soprattutto l'aggiunta di un extra del 10% per i progetti realizzati con le nuove soluzioni Bim (l'ormai famoso «Building information modeling»). Ma sull'altro piatto della bilancia ci sono da mettere la stretta sugli anni di fatturato valutabili per la partecipazione alle gare d'appalto, la riduzione dei livelli di progettazione, l'aumento delle soglie per gli affidamenti diretti (dunque senza competizione su qualità e prezzo) da parte delle amministrazioni, la liberalizzazione degli appalti integrati (progetto più lavori) che spostano il controllo dei contratti a favore delle imprese e, infine, anche la promessa mancata di vietare gli incarichi gratuiti ai professionisti, che invece trovano ancora uno spiraglio di applicazione «in casi eccezionali e previa adeguata motivazione». E allora ecco che il quadro delle novità che il nuovo codice appalti (Dlgs 36/2023) imporrà dal prossimo primo luglio ai professionisti interessati al mercato della progettazione pubblica rischia di portare in dote più aspetti di cui preoccuparsi che innovazioni di cui gioire.

I nuovi parametri
C'è da dire che rispetto al punto di partenza, cioè lo schema di codice inviato dal governo in Parlamento a inizio anno, qualche punto di rilievo i professionisti l'hanno portato a casa. «In quel testo - ricorda Sandro Catta, consigliere Cni - mancavano addirittura i riferimenti al decreto parametri, per cui si lasciavano i responsabili del procedimento (Rup), ora chiamati responsabili unici del progetto, nella condizione di non saper quantificare le prestazioni professionali per progettazione e direzione lavori». Un "buco" sanato con il secondo passaggio in Consiglio dei ministri. Con l'aggiunta di un passaggio (all'articolo 41) che richiama esplicitamente la necessità di usare i parametri per determinare i compensi e il riferimento all'allegato «I.13» in cui si spiega come effettuare i calcoli. Qui arrivano altre due novità positive per i professionisti. La prima è che le tariffe previste per il vecchio progetto definitivo sono state in qualche modo spalmate tra progetto di fattibilità tecnico-economica ed esecutivo. In questo modo la riduzione (da tre a due) dei livelli di progettazione decisa con il nuovo codice, non dovrebbe produrre impatti sugli onorari dei professionisti. L'altra innovazione di rilievo riguarda la maggiorazione del 10% sugli importi delle gare in cui è prevista l'adozione delle soluzioni Bim. «Si tratta di costi aggiuntivi in fase di produzione - sottolinea Catta - che grazie alla modellazione elettronica saranno molto più che compensati in fase di gestione e manutenzione delle opere, come dimostrano decine di studi internazionali in materia». Dal primo gennaio 2025 l'obbligo di progettare le costruzioni in Bim riguarderà tutte le opere di importo superiore al milione di euro.

Le gare
Meno positive sono invece le valutazioni che riguardano altre novità del codice. In particolare la riduzione dell'orizzonte di riferimento per la dimostrazione dei requisiti di fatturato da parte dei progettisti. Nel testo entrato in vigore è rimasta la norma sui requisiti tecnici limitati a tre anni (in passato erano 10). Quanto ai requisiti economici, pur avendo esteso il lasso temporale a tre anni, il riferimento risulta più restrittivo che in passato, quando erano riferiti ai migliori tre anni degli ultimi cinque ed era prevista anche la possibilità di sostituirli con una polizza assicurativa. «Una situazione destinata a impattare soprattutto sulle realtà di minore dimensione», segnala il direttore generale dell'Oice Andrea Mascolini, secondo cui il nuovo codice, a parte la positiva scommessa sulla digitalizzazione, presenta anche una serie di aspetti pesantemente critici per i professionisti. Il riferimento è soprattutto alla «conferma degli incentivi del 2% per le pubbliche amministrazioni e all'innalzamento a 140mila euro della soglia per gli affidamenti diretti». Non passano inosservati, però, anche una serie di «vuoti normativi», relativi alla polizza Rc professionale e all'aggiudicazione dei servizi di ingegneria, «che dopo l'abrogazione delle linee guida n.1 dell'Anac saranno rimesse alla fantasia delle stazioni appaltanti». Sostanzialmente cancellato anche il divieto di subappalto dei contratti d'opera professionale.

I concorsi
Gli architetti puntano il dito contro l'utilizzo estensivo dell'appalto integrato e il restringimento degli spazi per i concorsi di progettazione (ora ammessi solo a un'unica fase), proprio nel momento in cui le competizioni di architettura stanno conoscendo un boom mai registrato in Italia. «Si è preferito puntare sulla riduzione dei tempi, piuttosto che puntare sulla qualità della progettazione - attacca il presidente del Consiglio nazionale degli architetti Francesco Miceli -. Come se il problema dei ritardi delle opere dipendesse dai ritardi della progettazione, invece che dai tempi morti su pareri e autorizzazioni, che assorbono più del 50% del cammino di un'infrastruttura». Alla fine, per Miceli «il codice è la metafora di quanto sta accadendo anche sul Pnrr dove si punta tutto sulla velocità di spesa invece che sulla qualità delle iniziative, che potrebbero cambiare il paese in termini di rigenerazione urbana, città, governo del territorio».

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