Il CommentoAmministratori

Regionalismo differenziato, il rivio del Ddl sui Lep «diversi» non convince

di Ettore Jorio

Ottima l'accelerazione della ministra Gelmini in tema di preparazione della legge quadro per l'attuazione del regionalismo differenziato e di approvazione entro la fine dell'anno (NT+ Enti locali & Edilizia del 7 giugno). Un po' meno è da considerare una parte del contenuto del Ddl. Quella che riguarda (articolo 3) i livelli essenziali delle prestazioni. Nel particolare, non sembra meritorio quanto sancito nel comma 2. Ovverosia di posticipare alla entrata in vigore della legge statale riproduttiva dell'Intesa di cui all'articolo 116, comma 3, della Costituzione, l'individuazione dei livelli essenziali diversi da quelli riferiti alla sanità, all'assistenza, all'istruzione (didattica esclusa) e ai trasporti pubblici locali (quanto ai finanziamento in conto capitale).

Questo non va bene, e per nulla. La novità introdotta dalla revisione costituzionale del 2001, meglio nota come il federalismo fiscale, era quella di arrivare a finanziare le funzioni degli enti locali e le prestazioni essenziali attraverso la determinazione di un valore "giusto" da assicurare ai soggetti istituzionali infra-statali tenuti a erogarli. Una uniformità assicurata, quanto ai primi, attraverso i fabbisogni standard "quantitativi" (concepiti dal Dlgs 216/2010) e, relativamente ai secondi, attraverso la combine costi e fabbisogni standard (Dlgs 68/2011). Il tutto assistito dalla perequazione nazionale verticale di tipo solidaristico. Una ridistribuzione utile a fare partire tutti uguali e, dunque, indispensabile per assicurare agli enti territoriali più poveri il raggiungimento delle disponibilità finanziarie di esercizio degli altri.

Il problema rimaneva per tutte le altre materie, per l'appunto, diverse dalle quattro anzidette, a fronte delle quali il legislatore autore della legge delega 42/2009 individuava una metodologia fondata su un valore da assicurare alle Regioni sino a raggiugere una disponibilità pari alla capacità media fiscale. Una modalità diversa da quella fondata sui costi e fabbisogni standard perequati al 100% sino ad assicurare il quantum occorrente per garantire ai cittadini sanità, sociale, istruzione e trasporto pubblico locale.

Proprio perché diverso e non affatto garante della disponibilità necessaria in assoluto per assicurare i restanti Lep, il disegno di legge delega Gelmini presuppone qualche problema applicativo (NT+ Enti locali & Edilizia del 9 giugno). Con una Costituzione basata sul principio che tutti i livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali devono essere garantiti sull'intero territorio nazionale, l'ipotesi analizzata genererebbe non poche perplessità, e oltre. Sino a raggiungere difficoltà serie sulle disposizioni attuative che ne impedirebbero un'applicazione conforme al sancito dalla Costituzione.

In tale senso, il comma 2 dell'articolo 3 del Ddl ingenera una grande preoccupazione. Ciò in quanto attribuisce, peraltro, alle Regioni beneficiarie dell'incremento della loro competenza legislativa esclusiva (ma non solo a quelle, bensì a tutte!), ottenuto attraverso il percorso previsto dall'articolo 116 , comma 3, della Costituzione, di pensare ad assicurare i detti livelli essenziali di prestazioni con risorse proprie. Pena, in caso di inerzia, il commissariamento ad acta degli organi delle medesime, ai sensi dell'articolo 120, comma 2, della Costituzione.

Il problema è con quali quattrini i nominati commissari ad acta dovrebbero provvedere all'adempimento, stanti le condizioni di aridità finanziaria vissuta dagli enti territoriali in genere.