Appalti

Soggetti aggregatori privati, Palazzo Spada rimette il caso alla Corte Ue

di Massimo Frontera

«La scelta di ricorrere ad un modello organizzativo che esclude la partecipazione di soggetti privati, quale il consorzio di comuni di cui all'art. 31 del Testo unico degli enti locali, può apparire in contrasto con i principi euro-unitari di libera circolazione dei servizi e di massima apertura alla concorrenza, limitando ai soli soggetti pubblici italiani, tassativamente individuati, l'esercizio di una prestazione di servizi qualificabile come attività di impresa e che, in questa prospettiva, potrebbe meglio essere svolta in regime di libera concorrenza nel mercato interno».

È uno dei passaggi più significativi della pronuncia n.68/2019 con la quale il Consiglio di Stato (Sezione V ) rimette alla Corte di giustizia europea la decisione su un impianto normativo che esclude per l’operatore privato la possibilità di associarsi a un soggetto pubblico che svolge l’attività di aggregazione o centralizzazione delle gare per conto delle amministrazioni locali.

La sentenza - pubblicata il 3 gennaio scorso - nasce da un complesso contenzioso sollevato da Asmel Scarl nel maggio del 2015 (in seguito ad alcuni pareri dell’Anac) contro alcune norme del vecchio codice appalti. Asmel Scarl, che all’epoca dell’impugnazione era partecipata sia da soggetti interamente pubblici, sia da soggetti misti pubblico-privati, rivendicava la possibilità di svolgere un’attività procurement analoga a quella svolta dalle centrali di committenza e dei soggetti aggregatori. L’Anac - a seguito di una apposita indagine - ha escluso entrambe le possibilità, e cioè che l’Asmel potesse corrispondere sia al modello della centrale di committenza, sia che potesse essere incluso tra i soggetti aggregatori.

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Il contenzioso appare superato sotto il profilo strettamente normativo, in quanto l’impugnazione di Asmel riguardava norme del Dlgs 163/2006 (in particolare l’articolo 33, comma 3-bis). Tuttavia, la sentenza - e soprattutto la futura decisione della Corte Ue - conserva tutta la sua attualità, a motivo del principio che viene affermato da Palazzo Spada, sia pure con una formula dubitativa. Il principio - se non si comprende male - è quello che indica nella funzione della committenza per conto di una pubblica amministrazione appunto una «prestazione di servizi qualificabile come attività di impresa», prestazione che, in quanto tale, «potrebbe meglio essere svolta in regime di libera concorrenza nel mercato interno».

La pronuncia del Consiglio di Stato

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