Fisco e contabilità

Spese dei gruppi consiliari da giustificare e documentare rigorosamente

È necessaria per ciascuna di esse l'indicazione analitica delle finalità istituzionali perseguite

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di Claudio Carbone

Le spese dei gruppi consiliari devono essere rigorosamente giustificate e documentate. È necessaria per ciascuna di esse l'indicazione analitica delle finalità istituzionali perseguite, del rapporto di pertinenza tra l'attività dell'ente e la spesa (inerenza), della qualificazione del soggetto destinatario, della rispondenza della spesa a rigorosi criteri di ragionevolezza il cui rispetto esige una puntuale documentazione delle circostanze e dei motivi che le hanno occasionate. Sono questi i principi che la Sezione I giurisdizionale centrale d'Appello della Corte dei conti ha stabilito con la sentenza n. 94/2022 esaminando diverse e articolate eccezioni proposte dalla controparte.

Riguardo la carenza di giurisdizione della Corte dei conti a sindacare le spese dei gruppi consiliari che sono confluite nel rendiconto generale della Regione, il collegio ha rilevato che, avendo il Consiglio regionale sancito, con la legge di approvazione del rendiconto, la legittimità delle spese in questione, non residuano ulteriori margini per una differente valutazione dello stesso rendiconto in sede giurisdizionale, poiché ogni determinazione assunta in materia dal giudice darebbe luogo a un'inammissibile violazione/disapplicazione di una norma di legge, pregiudicando la competenza riservata al potere legislativo.

È ribadito, quindi, l'orientamento della Corte di cassazione secondo il quale il giudice contabile non viola i limiti esterni della propria giurisdizione qualora censuri, non già la scelta amministrativa adottata, bensì il modo con il quale quest'ultima è stata attuata (Sezioni unite, sentenza n. 6462/2020). Con riferimento ai gruppi consiliari regionali, peraltro, già le Sezioni Unite della Cassazione (sentenzaq n. 21927/2018) avevano precisato che l'azione di responsabilità per l'illecita gestione dei fondi erogati ai gruppi consiliari regionali è sottoposta alla giurisdizione del giudice contabile. Ad escludere ogni dubbio sulla competenza, infine, soccorre l'ulteriore principio affermato dalla Cassazione secondo cui la Corte dei conti può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell'ente pubblico.

Il Collegio ha poi ritenuto non sussistente tra il giudizio contabile e quello penale (che sottopone le medesime condotte a valutazioni di diversa natura essendo diverse le sanzioni e non certo risarcitorie conseguenti alla violazione della norma penale) quel vincolo di pregiudizialità tecnica tale da rendere necessaria la sospensione del primo giudizio (pregiudicato) in attesa della definizione del secondo (pregiudicante). Non accolta anche l'eccezione della prescrizione dell'azione di danno promossa dalla Procura regionale, ritenuta decorrente dalla data di conoscibilità dell'evento di danno, che nel caso di specie ha coinciso con la presentazione del rendiconto del gruppo (già approvato) alla struttura designata per la disamina. Conseguentemente, il primo atto interruttivo del corso della prescrizione è costituito dall'atto di messa in mora del Procuratore Regionale.

Per l'eccezione di inammissibilità dell'azione erariale assumendo che il rendiconto regionale nel suo complesso ha ricevuto l'approvazione della Sezionene regionale con il giudizio di parificazione, è chiarito che indipendentemente dall'obbligo per i presidenti dei gruppi consiliari di rendere il conto giudiziale, essi, come pure i consiglieri, soggiacciono alla responsabilità amministrativo-contabile per il danno cagionato a seguito dell'illecita utilizzazione dei fondi destinati al gruppo.

Del pari non è stato ritenuto che il danno sia riconducibile alla Commissione rendiconto che non avrebbe svolto la verifica sull'inerenza delle spese ai fini istituzionali, poiché, oltre a non avere tali poteri di controllo, l'intervento risulta successivo a quello di effettuazione e, quindi, non avrebbe comunque potuto concorrere a cagionare un danno che si era già prodotto.

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