Amministratori

Stabilimenti balneari, la Corte Ue boccia i rinnovi automatici

I magistrati europei chiedono di applicare la Bolkestein - Procedura d’infrazione, la Commissione attende le mosse di Roma

di Beda Romano

Aumentano le pressioni sul governo Meloni perché metta mano al modo in cui vengono distribuite le concessioni balneari in Italia. La Corte europea di Giustizia ha pubblicato ieri una attesa sentenza nella quale sottolinea nuovamente che i contratti in questo settore non possono essere rinnovati automaticamente e che è quindi necessaria una procedura “imparziale e trasparente”. La decisione giunge mentre è in corso un confronto tra Roma e Bruxelles su questo fronte.

La sentenza, in via pregiudiziale, è giunta sulla scia di un caso specifico. Il comune di Ginosa, in provincia di Taranto, decise nel 2020 di applicare una legge italiana che prevedeva la proroga delle concessioni fino al 2033. La decisione dell’amministrazione comunale ha indotto l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (Agcom) ad adire il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, il quale ha chiesto alla Corte europea di Giustizia lumi sul da farsi.

Nella sua sentenza, la magistratura comunitaria ritiene che le concessioni balneari siano rette giuridicamente dalla direttiva sui servizi risalente al 2006 (la cosiddetta Bolkestein). Precisa inoltre che «la direttiva si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere, a tal proposito, dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo o che riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono tutti confinati all’interno di un solo Stato membro».

«L’obbligo per i paesi membri di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva», aggiunge la Corte. Di conseguenza, ai giudici nazionali e alle autorità amministrative spetta il compito di applicare la direttiva e disapplicare la norma nazionale.

Già in una sentenza del 2016 la Corte europea di Giustizia aveva preso posizione non dissimile sulla legislazione italiana in violazione evidente del diritto comunitario. La Commissione europea si è detta soddisfatta ieri della decisione giudiziaria, perché conferma nei fatti il ragionamento giuridico dell’esecutivo comunitario. Da tempo ormai Bruxelles ha aperto una procedura di infrazione ai danni dell’Italia (si veda Il Sole 24 Ore del 4 dicembre 2020).

Parlando ieri qui a Bruxelles, la portavoce Sonya Gospodinova ha spiegato che in un recente incontro a Roma la premier Giorgia Meloni ha promesso al commissario al mercato interno Thierry Breton di mettere mano alla legislazione perché non sia più in violazione delle regole comunitarie (si veda Il Sole 24 Ore di martedì). Successivamente, la stessa portavoce ha voluto precisare che «nessuna delle due parti ha preso impegno riguardo ai prossimi passi».

In assenza di una riforma della legislazione italiana, la Commissione europea sarebbe costretta a inviare al governo un parere motivato con il quale darebbe all’Italia due mesi di tempo per rispettare il diritto comunitario. Passato questo termine senza riforme, l’esecutivo comunitario potrebbe adire la Corte europea di Giustizia, con il rischio a quel punto di ammende. Vi sono in Italia circa 30mila società balneari, la cui concessione è spesso rinnovata in automatico e a prezzi bassi.

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