Fisco e contabilità

Tarsu, l'esenzione spetta solo nei luoghi dove effettivamente si svolge il culto

Non è sufficiente per la Cassazione che i locali appartengano a una comunità religiosa

di Federico Gavioli

Ai fini dell'esenzione Tarsu, occorre accertare che i locali non solo appartengano a una comunità religiosa ma anche che negli stessi si eserciti il culto religioso; è quanto affermato dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 18137/2022.

Il caso
Il contenzioso tributario vede contrapposti una associazione dei Testimoni di Geova e un Comune dell'Emila Romagna. L'associazione, con separati ricorsi, ha impugnato le cartelle di pagamento relative alla Tarsu degli anni 2007 -2011 pretesa dal Comune, deducendo che i locali oggetto di tassazione sono adibiti al culto e, in quanto tali, beneficiano dell'esenzione prevista dal regolamento comunale in materia di Tarsu.
Il ricorso è stato accolto in primo grado; i giudici tributari della Commissione tributaria regionale hanno accolto l'impugnativa del Comune. L'associazione si è appellata in Cassazione.

La tesi della Cassazione
Osservano i giudici di legittimità che l'associazione ricorrente lamenta che la motivazione resa dei giudici tributari di secondo grado è intrinsecamente contraddittoria perché dopo aver dato atto che l'immobile è accatastato in categoria E/7 (edifici destinati al culto) e pur dando atto che non vi è prova che il Comune abbia effettuato verifiche o rilevazioni dirette in loco, ma solo su planimetrie catastali, ha poi escluso dalla esenzione fiscale una superficie pari a 55 metri quadri considerandoli locali non destinati al culto. Ciò è intrinsecamente contraddittorio, in quanto l'intero edificio è destinato esclusivamente per il culto come è dimostrato dall'accatastamento in E/7.
L'Associazione ricorrente deduce che il regolamento comunale prevede che sono esclusi gli edifici adibiti al culto e i locali strettamente connessi all'attività del culto stesso; pertanto il concetto di edificio di culto abbraccia l'intero immobile comprese le sue pertinenze.
La Cassazione osserva che per locali adibiti all'esercizio del culto devono intendersi quelli nei quali in concreto si esercita una pratica che può definirsi culto, nell'ambito di una confessione religiosa i cui fini non contrastano con i principi fondamentali dell'ordinamento nazionale.
Ai fini della esenzione Tarsu, occorre accertare non solo che i locali appartengano a una comunità religiosa, quale che sia il culto da essa esercitato purché non contrario ai principi fondamentali dell'ordinamento, ma anche che nei locali per i quali è richiesta l'esenzione la comunità si riunisca per esercitare il culto e non ad altri fini. Detta verifica deve eseguirsi in concreto e non in astratto e, pertanto, non è sufficiente la classificazione catastale dei locali come edifici destinati al culto, né si può presumere che tutti i locali così classificati siano effettivamente destinati al culto.
È necessario che si accerti se effettivamente la parte contribuente abbia dichiarato che i locali sono destinati al culto nella denuncia originaria o in quella di variazione, e che tale effettiva destinazione sia stata debitamente riscontrata in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione; con la precisazione che la mancanza del primo di questi requisiti e cioè la denuncia o la variazione non è emendabile in giudizio, mentre in caso di contestazione lo è il secondo requisito e cioè la prova della effettiva destinazione dei locali.

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