Appalti

Dissesto/1. È allarme per 2mila viadotti stradali, servono 3 miliardi per la sicurezza

di Manuela Perrone e Giorgio Santilli

Del piano anti-dissesto idrogeologico da 10,8 miliardi nel triennio lanciato dal Governo Conte I la scorsa primavera sono stati impegnati nel 2019 1,9 miliardi di euro. Ma soltanto quelli gestiti dalla Protezione civile (1,2 miliardi) per gli interventi urgenti sono totalmente appaltati. Altri 700 milioni destinati alle misure di prevenzione sono stati ripartiti tra le Regioni dal ministero dell'Ambiente, ma attendono di trasformarsi in cantieri. E proprio nella capacità di spesa effettiva da parte delle amministrazioni locali, rallentata da «inadeguatezza delle procedure, debolezza delle strutture attuative, assenza di controlli e monitoraggi», la Corte dei Conti ha ravvisato il principale "baco" del sistema, nel rapporto sul Fondo progettazione contro il dissesto 2016-2018 sfornato a fine ottobre.

Gli appalti della Protezione civile
La strategia imboccata dai gialloverdi dopo il crollo del Ponte Morandi era stata quella di archiviare l'esperienza di Italia Sicura e di disegnare un piano "Proteggi Italia" contro il dissesto articolato in due filoni: la gestione dell'emergenza, affidata alla Protezione civile, e la manutenzione del territorio, posta in capo al ministero dell'Ambiente con i presidenti delle Regioni trasformati in commissari straordinari. Dei 10,8 miliardi di euro previsti nel triennio 2019-2021, quest'anno sono stati finora erogati 1,9 miliardi, di cui 1,24 già appaltati dalla Protezione civile (il 97% del totale): 461 milioni sono destinati alle somme urgenze, soprattutto in Veneto, nella provincia di Trento e in Friuli Venezia Giulia, le aree più colpite dal maltempo nel 2018. Altri 780 milioni sono quelli per gli interventi di riduzione del rischio, allocati per la maggior parte in Veneto, Liguria, Friuli e Abruzzo. Entro due settimane nascerà un portale dedicato al Pin, Piano investimenti nazionale, su cui sarà possibile seguire lo stato di avanzamento dei lavori.

I fondi dell'Ambiente
Dall'estate a oggi, il ministero guidato da Sergio Costa ha sbloccato 700 milioni complessivi: 315 per 263 opere urgenti e indifferibili, altri 361 derivanti dal Fondo sviluppo e coesione per 236 interventi e 25 milioni destinati alle cinque Autorità di bacino contro il dissesto dei corsi idrici, a partire dal Tagliamento e dal Sarno. «Ora aprire i cantieri», è il monito del ministro Costa, che fa eco all'esortazione del premier Giuseppe Conte: «I soldi ci sono, adesso bisogna spenderli e accelerare».

La cabina di regìa e il Ddl
Proprio per monitorare e velocizzare il presidente del Consiglio ha voluto istituire la cabina di regia "Strategia Italia", che dovrebbe tornare a riunirsi entro dicembre. E va nella stessa direzione il disegno di legge "Cantiere Ambiente", fermo però in commissione al Senato, che prevede la nascita di una task force di esperti a supporto dei governatori-commissari. Obiettivo: affiancare i Comuni nella fase esecutiva per combattere la piaga della "non spesa". E c'è voluto il crollo del viadotto sulla A6 Torino-Savona, come se non fosse bastata la tragedia del Morandi, perché fosse indicato ieri il nuovo presidente dell'Agenzia nazionale per la sicurezza stradale e ferroviaria (Ansfisa): si tratta dell'ingegnere Fabio Croccolo, dirigente del Mit , che succede ad Alfredo Principio Mortellaro. Era stato quest'ultimo, lo scorso luglio, a denunciare le «tante resistenze» che impedivano all'Agenzia di decollare. Adesso la ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli, promette di aumentare il personale dell'ente fino a 100-150 persone (attualmente sono 61) nelle prossime settimane. Ma resta l'impressione che si continui a procedere sempre sull'onda delle emergenze e a colpi di gestioni commissariali, come ha rilevato la Corte dei conti.

Le strade provinciali
Lo scorso agosto le Province hanno svolto e consegnato il monitoraggio di una prima tranche di 30mila ponti, viadotti e gallerie che insistono sui 100mila chilometri di rete stradale loro assegnata. La fotografia che ne viene fuori è molto critica. I primi seimila oggetti monitorati hanno svelato che per quasi un terzo, 1.918, si registra la necessità di un lavoro urgente o perché c'è una concreta situazione di rischio o perché la circolazione è bloccata in seguito al manifestarsi di situazione di danno grave o rischio. I lavori da realizzare per mettere in sicurezza il totale delle seimila strutture costano 2,45 miliardi mentre altri 566 milioni servono per ulteriori lavori di monitoraggio su 14.089 infrastrutture. «In tutto servono tre miliardi», sintetizza l'Unione province italiane. Sulle strade provinciali la circolazione di automezzi pesanti è del 10% e da questo dato parte l'allarme dell'Upi: «Senza una manutenzione periodica annuale l'intera funzionalità della rete viaria viene compromessa». Nel 2009 le province – prima della legge Delrio – avevano a disposizione per investimenti 1 miliardo e 947 milioni (erano comprese anche le scuole). Nel 2018 questa cifra ammonta a 712 milioni, con un taglio del 51%.

La posizione dei costruttori
Molto dura la posizione dell'Ance che chiede un'accelerazione del piano antidissesto da anni. «Un Paese in codice rosso» – dice l'associazione dei costruttori – confermata dal fatto che 345 delle 749 opere (pari al 46%) segnalate sul sito www.sbloccacantieri.it dalle associazioni territoriali riguardano interventi di contenimento del dissesto idrogeologico, messa in sicurezza di strade e ponti e opere idrauliche. Un ritardo che riguarda tutti i governi. Del piano stralcio per le aree metropolitane avviato nel 2015 resta da cantierare ancora il 59% degli interventi. L'Ance ricorda quanto contenuto nella relazione al Ddl cantiere Ambiente (S.1422) presentato dal governo Conte 1 al Senato il 19 luglio 2019: «Sebbene si trattasse di progetti definitivi ed esecutivi, non è stato possibile rispettare i cronoprogrammi anche a causa dei lunghi tempi di conclusione della conferenza dei servizi e dell'acquisizione dei pareri di Via e Vas, trattandosi di grandi progetti».

La proposta Cgil
Una proposta arriva da Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil. «Siamo stanchi – dice – di ripetere sempre le stesse cose. A questo punto si abbia il coraggio di fare quello serve, occorre una scossa, subito: accelerare i contratti di servizio Anas e Rfi e modificare le norme quadro sulle concessionarie autostradali, vincolando tutti i soggetti, pubblici o in concessione, per i prossimi 10 anni a destinare il 99% dei profitti a piani straordinari di manutenzione».

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