Urbanistica

Banche, crediti convertibili in Btp ma soltanto a partire dal 2028

Gli sconti non utilizzati potranno essere trasformati in titoli almeno a dieci anni

di Gi. L. e G. Par.

Una valvola che dovrà evitare che le banche e gli altri intermediari finanziari vadano fuori giri con le compensazioni dei crediti. È questo il senso dell’altra modifica portata al fotofinish, nella serata di lunedì, alla legge di conversione del decreto Cessioni in commissione Finanze alla Camera: si tratta dell’atteso meccanismo di conversione dei crediti non utilizzati in titoli di Stato.

L’emendamento del relatore riguarda solo alcuni soggetti ben determinati: banche, intermediari finanziari iscritti all’albo 106, società appartenenti a un gruppo bancario e imprese di assicurazione. In caso di acquisti di crediti di imposta legati a lavori di superbonus, e solo «in relazione agli interventi effettuati sino all’anno di spesa 2022», per questi operatori sarà possibile utilizzare i crediti «al fine di sottoscrivere emissioni di buoni del Tesoro poliennali, con scadenza non inferiore a dieci anni».

Questa conversione sarà possibile solo entro il limite del 10% dei crediti di imposta compensati. In sostanza, si ammette per questi soggetti un piccolo sforamento rispetto alle loro previsioni di capienza fiscale. Il nuovo meccanismo gli mette a disposizione un piano B per non perdere rate di crediti, purché non superino, appunto, l’ammontare del dieci per cento.

La chance sarà subordinata al fatto che l’intermediario «abbia esaurito la propria capienza fiscale nello stesso anno». E non sarà disponibile da subito. «Il primo utilizzo - dice l’emendamento - può essere effettuato in relazione alle emissioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2028». Quindi, le banche potranno usare le rate non spese, anno per anno, per questa conversione, a partire dal 2028, purché non superino il tetto del dieci per cento. L’indicazione del 2028, probabilmente, punta a limitare gli effetti di bilancio di questa manovra di spostamento dei crediti.

Sul fronte degli emendamenti viene confermato il potenziamento dello scudo per tutti i soggetti che acquistano crediti da parte delle banche (e delle società quotate). Sarà sufficiente farsi rilasciare un’attestazione di possesso dei documenti indicati dal decreto cessioni (confermati anche diversi ritocchi ai contenuti dell’elenco, si veda Il Sole 24 Ore di domenica 26 marzo) per essere esentati dalla responsabilità solidale tra cedente e cessionario.

Intanto, in Parlamento arriva la risposta del ministero dell’Economia al question time, presentato dal capogruppo in commissione Finanze alla Camera del M5s Emiliano Fenu, in materia di contabilizzazione dei crediti fiscali. Sulla classificazione del superbonus come pagabile o non pagabile nel 2023 il Mef osserva tre cose: il quadro andrà monitorato alla luce delle novità del decreto cessioni; le decisioni già prese fanno riferimento solo agli anni 2021 e 2022; la classificazione dei crediti per l’anno 2023, invece, è ancora oggetto di esame, la decisione sarà adottata tra fine giugno e inizio luglio, data entro la quale saranno resi noti i dati su deficit e debito del primo trimestre dell’anno. Esiste, quindi, la possibilità che i crediti legati al superbonus, per quest’anno, cambino ancora classificazione e tornino ad essere considerati non pagabili. Con i relativi effetti sul bilancio pubblico

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©