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Politici locali, a giugno in gioco 17.523 posti divisi fra 970 Comuni

Con il voto di 8,9 milioni di elettori cambiano 12.639 consiglieri e 3.634 assessori oltre ai sindaci. Il 65% nei piccoli enti fino a 3mila abitanti

di Gianni Trovati

Ci vuole un certo coraggio per candidarsi a sindaco di Palermo, 622 milioni di disavanzo e un piano di risanamento franato in consiglio comunale nel tutti contro tutti che sta bloccando la replica siciliana del patto con il governo già firmato dal premier Draghi a Napoli e Torino. Ma ce ne vuole anche per proporsi alla guida di Blello, 76 abitanti in provincia di Bergamo, uno dei tanti mini-Comuni italiani dove gli amministratori, sindaco o consigliere poco cambia, assumono il ruolo di volontari tuttofare per risolvere i problemi quotidiani di comunità troppo piccole per essere ricordate dai piani comunitari o dalle politiche nazionali (dov’è finita l'attuazione della legge sui piccoli Comuni?).

La nuova occasione per mostrare un po’ di fegato è offerta agli italiani dalle elezioni amministrative che il governo ha fissato con il decreto legge della scorsa settimana al 12 giugno, con ballottaggio due settimane dopo nei Comuni dove gli abitanti sono più di 15mila. Il voto è chiamato a rinnovare gli organi politici in 980 Comuni, 143 dei quali con doppio turno, e mette in gioco 17.523 posti fra sindaci, assessori (3.634) e consiglieri (12.639), frutto del voto chiesto a 8.932.624 elettori chiamati a decidere gli amministratori per 10.280.902 abitanti.

Ma il 12 giugno le urne si apriranno in tutti i Comuni italiangi anche per i cinque referendum sulla giustizia, di cui nessuno parla anche se chiedono di esprimersi su temi cruciali come la separazione delle funzioni dei magistrati, l’elezione del Csm, i limiti alla custodia cautelare, l’incandidabilità dei politici condannati e i consigli giudiziari.

La pioggia degli adempimenti che precedono le elezioni cade quindi in tutti i Comuni. Per questo l’Anci ha preparato un vademecum con le regole, le procedure da attivare e la ricca giurisprudenza in materia che sarà pubblicato oggi. L’agenda di questa settimana è già fitta. Entro oggi vanno ricevute le richieste di assegnazione degli spazi per la propaganda sui referendum, che la giunta dovrà distribuire fra domani e giovedì, mentre entro venerdì la commissione elettorale circondariale deve iscrivere nelle liste elettorali i nomi di chi ha acquistato il diritto al voto per ragioni diverse dal compimento del 18esimo anno o dalla cessazione delle cause ostative. Ma sempre venerdì scade il termine più delicato: quello della presentazione delle liste per le comunali. Che quest’anno affrontano anche un buco normativo legato al fatto che la Consulta ha giudicato incostituzionale l’assenza di vincoli sull’equilibrio di genere (riserva di almeno un terzo dei posti in lista) nei piccoli Comuni, ma la legge che rimedia non c’è.

Anche a prescindere dalle questioni di genere, in molti piccoli enti le liste torneranno a essere un problema. Perché il coraggio che si citava all’inizio assume colorazioni diverse a seconda della dimensione dei Comuni. In quelli più grandi il tema è politico, e sta sgranando le coalizioni indebolite dalla legislatura più caotica della storia repubblicana.

Ma il 65% dei posti da rinnovare è nei Comuni fino a 3mila abitanti. E lì la questione è più pratica: si tratta di trovare chi è disposto a dedicare il proprio tempo a un’attività che in cambio di molto impegno può offrire soddisfazioni grandi sul piano umano ma scarse su quello economico.

Proprio l’obiettivo di combattere la costante crisi delle vocazioni amministrative ha mosso la mano del governo nell’ultima legge di bilancio, che ha archiviato la lunga stagione dell’antipolitica e ha stabilito i nuovi compensi per gli amministratori locali. Nei centri maggiori gli importi si allineano un po’ al grado di responsabilità che pesa su sindaci e assessori, grazie al parametro collegato alle indennità dei presidenti di regione; in quelli più piccoli perdono il carattere quasi offensivo che riconosceva a migliaia di amministratori cifre inferiori al reddito di cittadinanza, come da sintesi efficace del presidente dell’Anci Antonio Decaro. La novità non riguarda però i consiglieri comunali, che devono continuare ad accontentarsi di somme che vanno dai 15 ai 93 euro a seconda dei Comuni.

Ma ovviamente le elezioni comunali sono una questione più civica e politica che economica. E si vedrà nei prossimi giorni se il cambio di indirizzo che oltre alle indennità ha almeno riportato nel dibattito la necessità di cambiare anche le regole più punitive in fatto di status e responsabilità degli amministratori comincerà a produrre qualche effetto: insieme alla legge Pella approvata in via definitiva un mese fa che ha alzato da 3mila a 5mila abitanti la soglia in cui è possibile il terzo mandato dei sindaci.