Fisco e contabilità

Garante privacy, «no» all'accesso agli atti sulla riscossione coattiva della Tari non versata

In quanto dati in grado di rivelare informazioni sulla regolarità/capacità contributiva dei soggetti controinteressati

di Manuela Sodini

Il Garante della Privacy concorda con il rifiuto da parte di un'amministrazione comunale alla richiesta di accesso civico generalizzato volta a sapere se nei confronti di taluni soggetti si è proceduto alla riscossione coattiva delle somme non versate per il tributo Tari, in quanto dati in grado di rivelare informazioni sulla regolarità/capacità contributiva dei soggetti controinteressati.

Il Comune ha negato l'accesso civico richiamando genericamente il limite degli interessi privati previsti dall'articolo 5-bis, comma 2, lett. a) - c), del Decreto 33/2013.

Il soggetto istante ha quindi presentato ricorso al Difensore civico, lamentando il mancato coinvolgimento nel procedimento dei soggetti controinteressati e chiedendo una nuova valutazione della questione, il Difensore civico a sua volta si è rivolto per un parere al Garante, così come previsto dall'articolo 5, comma 8, del Decreto trasparenza.

Prima di entrare nei profili procedurali e nel merito della questione, il Garante ricorda che nell'ostensione di dati personali tramite l'accesso civico si deve considerare il fatto che i dati e documenti che si ricevono divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7». Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell'accesso civico che va valutata l'esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati.

Venendo al caso di specie, il Garante precisa che da un punto di vista procedurale i controinteressati non sono stati coinvolti nel procedimento di accesso civico; in ogni caso, come indicato anche nelle Linee guida dell'Anac, le motivazioni addotte dal soggetto controinteressato costituiscono solo «un indice della sussistenza di un pregiudizio concreto, la cui valutazione però spetta all'ente». Sempre con riferimento all'iter procedurale, il Garante rileva che l'amministrazione ha rifiutato l'accesso civico utilizzando una mera formula di stile, richiamando genericamente il limite degli interessi privati previsti dall'articolo 5-bis, comma 2, del Decreto 33/2013, non consentendo all'istante di comprendere le ragioni per le quali l'ostensione delle informazioni richieste determinerebbe "un pregiudizio concreto" alla tutela della protezione dei dati personali. Osserva il Garante che questo non è conforme alle indicazioni fornite da Anac; infatti, la motivazione serve all'amministrazione per definire proprie linee di condotta, al cittadino per comprendere i limiti dell'accesso generalizzato, al giudice per sindacare le decisioni dell'amministrazione.

Quanto al merito della questione, oggetto dell'accesso civico risultano essere informazioni personali riferite a tre soggetti identificati in atti e inerenti all'esistenza o meno nei loro confronti di attività di riscossione coattiva di somme che non sarebbero state versate al comune relative al pagamento della Tassa sui rifiuti (Tari). In particolare, il soggetto istante dichiara di voler avere informazioni sull'esistenza di eventuali procedure esecutive, come il pignoramento presso terzi (es.: «conti correnti, pensioni Inps ed emolumento di natura privata»).

Conformemente ai precedenti orientamenti riferiti al pagamento di tributi dei cittadini, il Garante ritiene di poter concordare con la decisione dell'amministrazione comunale di rifiutare l'accesso civico alle informazioni richieste. Infatti, i dati oggetto dell'accesso civico generalizzato riguardano informazioni sulla regolarità/capacità contributiva dei soggetti controinteressati; dati in grado di fornire notizie di carattere economico, contributivo e patrimoniale, la cui ostensione può arrecare, in relazione ai casi e al contesto in cui possono essere utilizzati da terzi, quel pregiudizio alla tutela della protezione dei dati personali, considerato anche il particolare regime di pubblicità dei dati oggetto di accesso civico. Nel caso in esame, l'ostensione determina un'interferenza nei diritti e libertà dei controinteressati, con possibili ripercussioni negative sul piano personale, sociale e relazionale.

In chiusura, nel parere, il Garante ricorda che i dati personali possano essere resi ostensibili mediante l'accesso documentale di cui alla legge 241/1990, se l'istante motiva un interesse "qualificato" e l'amministrazione ritenga sussistere «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso».

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