Fisco e contabilità

Franco: guerra ed energia non cambiano il Pnrr, possibile rivedere i prezzi

Il ministro apre ad aggiustamenti sulla valutazione di alcune opere. Sul tavolo anche il dirottamento sul piano dei fondi di coesione

di Gianni Trovati

Il Pnrr italiano non può cambiare perché Roma ha già chiesto all’inizio l’intera quota di prestiti a sua disposizione, unica fra i Paesi Ue. I confini del piano italiano quindi non si possono allargare; ma c’è una via alternativa, rappresentata dal dirottamento sul Pnrr dei fondi di coesione.

Nell’appuntamento quotidiano con la stampa, la commissione Ue ieri mattina ha anticipato la nuova puntata della discussione italiana sulla revisione di un Piano di ripresa e resilienza investito dall’inflazione e dalla guerra in Ucraina. Revisione su cui resta freddo anche il ministero dell’Economia, mentre nel governo e nella maggioranza si agita l’idea di un secondo Recovery da dedicare alla crisi energetica: ipotesi che però deve ancora giocare a Bruxelles la partita vera che inizierà con il consiglio europeo di giovedì e venerdì.

La questione del Recovery “nuovo”, nel senso di rivisto o di affiancato da un piano energia, è stata al centro ieri pomeriggio della tappa veneziana dei «dialoghi sul Pnrr», il tour organizzato dal governo per illustrare il piano sul territorio. A porre il dossier al centro del tavolo è stato il presidente del Veneto Luca Zaia, ospite dell’incontro con il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro: «Questo Pnrr era programmato con un’inflazione al 2% e oggi siamo quasi al triplo - ha ricordato Zaia -, quindi le condizioni per rivedere il piano come prevede l’articolo 21 del regolamento ci sono tutte».

Sul punto sollevato da Zaia, e richiamato nei giorni scorsi in modo quasi corale dal mondo delle imprese, le risposte del ministro dell’Economia Daniele Franco e del titolare della Pa Renato Brunetta, presenti all’incontro insieme alla ministra per le Pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti, sono state diverse nei toni ma vicine nei contenuti: e hanno puntato, più che su una revisione del piano, su un suo affiancamento con un intervento ritagliato su misura del dossier energetico.

«Il piano è una costruzione complessa frutto di un negoziato e non può essere cambiato unilateralmente», premette Franco per respingere l’idea di un ripensamento del piano in risposta alle bordate portate da guerra in Ucraina e inflazione a costi e reperimento dell’energia. «Quanto sta accadendo - aggiunge - dovrebbe indurci a procedere rapidamente», non a «rimettere tutto in discussione».

La premessa non conduce all’idea di un’immutabilità assoluta del piano. Ma, sostiene il ministro dell’Economia, può permettere di «rivedere le valutazioni su alcune opere» per la corsa dei prezzi delle materie prime, a patto che «ogni intervento sia selettivo, vada a trovare i problemi e risolverli». Per ottenere l’obiettivo «rivedremo ogni progetto e ogni linea che abbia dei problemi, una per una».L’esame potrebbe far emergere ovviamente l’esigenza di risorse ulteriori: «Cercheremo di trovarle», assicura Franco. La commissione, come accennato all’inizio, ha già suggerito una via.

«Aggiornare, non fermare» è la sintesi di quel che va fatto secondo Renato Brunetta, il quale più che a una revisione guarda a una moltiplicazione del piano con la convergenza dei capitali privati e con un Next Generation 2 per «difesa ed energia» in un processo «per rafforzare l’Europa da soft power a hard power». In attesa di questi sviluppi, la partita domestica del Pnrr si gioca anche con gli enti locali. Sul punto Brunetta annuncia l’avvio della nuova «Piattaforma di servizi» con Cdp, Invitalia e Mediocredito centrale con «oltre 600 professionisti che saranno messi subito a disposizione degli enti per accelerare sulla realizzazione degli obiettivi». Perché il ruolo degli enti locali è centrale nell’agenda (e nelle preoccupazioni) del governo. I Comuni sono «pilastri della società e devono essere sostenuti», spiega Franco, che accoglie anche l’idea di Brunetta di replicare in ogni città metropolitana il modello della Fondazione «Venezia capitale della sostenibilità» di cui il ministro per la Pa è stato appena nominato presidente.

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