Personale

Piao, con i decreti si parte: quattro sezioni e modello semplificato fino a 50 dipendenti

Il Dm declina e dettaglia il contenuto e propone in calce uno schema di composizione

di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

Decolla il Piano integrato di attività e organizzazione. In extremis giungono i decreti attuativi del Piao, previsti dai commi 5 e 6 dell'articolo articolo 6 del Dl 80/2021 (si veda Nt+ Enti locali & edilizia del 1° luglio).

Il primo, il Dpr 81/2022, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nella tarda serata del 30 giugno, che com'è noto è (era) il termine di scadenza. Il decreto contiene l'elencazione degli adempimenti che vengono assorbiti dal nuovo Piano (si noti: non abrogati), con riferimento agli enti con oltre 50 dipendenti: si tratta dei piani sul fabbisogno di personale, sulla performance, anticorruzione, lavoro agile, nonché sulle dotazioni strumentali, azioni positive e azioni concrete.

Lo stesso Dpr conferma che gli enti con «non più di cinquanta dipendenti» sono invece tenuti ad attenersi alle specifiche istruzioni fornite dal comma 6 dell'articolo 6, ovvero all'adozione di un Piano semplificato la cui definizione viene demandata al secondo decreto attuativo. Questo è stato diffuso, sebbene non ancora pubblicato in Gazzetta contestualmente al primo, e riporta anch'esso, accanto alla firma dei ministri competenti, la data del 30 giugno.

Il Dm declina e dettaglia il contenuto del Piano e propone in calce uno schema di composizione, suddiviso in due colonne che semplificano a colpo d'occhio la differenziazione tra enti più grandi ed enti fino a 50 dipendenti.

Il Piano risulta suddiviso in quattro sezioni:
• una scheda anagrafica, che identifica in dettaglio l'amministrazione titolare (si rammenti che il Piao dev'essere poi inviato al Dipartimento per la Funzione pubblica, attraverso il Portale);
- una Sezione «Valore pubblico, Performance e Anticorruzione», che assorbe la parte introduttiva del Piano, nella quale vengono definiti i macro-obiettivi dell'amministrazione, nonché il Piano delle performance, nel quale questi vengono dettagliati anno per anno, e il Piano per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza;
• una sezione «Organizzazione e Capitale umano», che riassume la strutturazione organizzativa e dotazionale, l'approccio degli enti al lavoro agile (in luogo del Pola), nonché l'importante sezione della programmazione dei fabbisogni di personale, alla luce delle norme assunzionali vigenti e in correlazione con le strategie d'insieme dell'amministrazione;
• una sezione "Monitoraggio", che deve indicare gli strumenti e le modalità di verifica, incluse le rilevazioni di soddisfazione degli utenti, di quanto previsto alle sezioni precedenti, nonché i soggetti che ne sono responsabili.

Per le amministrazioni di minori dimensioni prende il via un adempimento più snello, con l'articolo 6 del Dm che chiarisce che esse debbono includere nel Piano solo le «(…) attività di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), n. 3), per la mappatura dei processi, limitandosi all'aggiornamento di quella esistente all'entrata in vigore del presente decreto», nonché quanto previsto «all'articolo 4, comma 1, lettere a), b) e c), n. 2».

Ovvero: struttura organizzativa, organizzazione del lavoro agile, piano triennale dei fabbisogni di personale (con specifico riferimento alla programmazione delle cessazioni dal servizio e alla stima dell'evoluzione dei fabbisogni di personale in relazione alle scelte in materia di reclutamento).

Naturalmente, seppure la norma non appaia del tutto chiara in questo senso, anche i piccoli enti non potranno prescindere anche dalla verifica e dall'applicazione delle regole assunzionali vigenti, quali la definizione degli spazi assunzionali in base all'articolo 33 del Dl 34/2019 per comuni, province, regioni.

Resta il nodo scadenza: la data del 30 giugno è trascorsa, e il Dm, all'articolo 10, conferma le sanzioni previste per il caso della mancata adozione, incluso il divieto di assunzione. In sede di prima applicazione, l'articolo 7 comma 3 conferma il differimento del termine a «120 giorni successivi a quello di approvazione del bilancio di previsione». Per gli enti locali, com'è noto, il termine è stato nuovamente rinviato al 31 luglio prossimo. Letteralmente, per la verità, parrebbe che il differimento sia da applicare alla data di effettiva approvazione del bilancio previsionale dell'ente, col risultato che chi lo avesse adottato entro l'originario termine di legge o comunque entro i primi due mesi dell'anno sarebbe soggetto alla stessa scadenza generale del 30 giugno. Sembra però prevalere, data la situazione paradossale che si è creata, una lettura più ampia, che individui per tutti gli enti locali la scadenza a quattro mesi dal termine ultimo per il previsionale, col risultato di traslare il termine di prima adozione a fine novembre.

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