Urbanistica

Dehors: proroga all'installazione senza autorizzazione e chiarimenti sull'attività libera edilizia

I "dehors" in questi giorni sono rimbalzati sui mezzi di informazione per due ordini di ragioni: un emendamento al decreto milleproroghe ne prevede la proroga all'installazione sul suolo pubblico senza autorizzazione, e una pronuncia del Consiglio di Stato li colloca, a certe condizioni, nell'attività libera edilizia

di Laura Biarella


I "dehors" in questi giorni sono rimbalzati sui mezzi di informazione per due ordini di ragioni: un emendamento al decreto milleproroghe ne prevede la proroga all'installazione sul suolo pubblico senza autorizzazione, e una pronuncia del Consiglio di Stato li colloca, a certe condizioni, nell'attività libera edilizia.

Dehors nel milleproroghe: installazione senza autorizzazione fino a fine anno

Il decreto-legge n. 198/2022, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, il cui iter di conversione, già passato al Senato, sta facendo tappa alla Camera, all'art. 1, c. 22-quinquies, introdotto in sede referente, proroga fino al 31 dicembre 2023 la possibilità per gli esercizi pubblici titolari di concessioni o di autorizzazioni all'uso del suolo pubblico di disporre in modo temporaneo, senza necessità di autorizzazione ai sensi del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), strutture amovibili in aree di interesse culturale o paesaggistico. Tale norma andrebbe a modificare l'art. 40, c. 1, del d.l. n. 144/2022 (cd. Aiuti ter). La disposizione prevede quindi la possibilità per gli esercizi pubblici, titolari di concessioni o autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico, di disporre in via temporanea di strutture amovibili quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni su vie, piazze, strade e ulteriori spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, senza necessità delle autorizzazioni di cui agli artt. 21 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Detta facoltà era stata concessa dal d.l. n. 137/2020 per assicurare il rispetto delle misure di distanziamento connesse all'emergenza sanitaria, a far data dal I° gennaio 2021 e fino al 31 marzo 2021. Tramite ulteriori interventi legislativi, la possibilità di disporre strutture amovibili in aree di interesse culturale o paesaggistico è stata riconosciuta, da ultimo in virtù della legge di bilancio 2023, fino al 30 giugno 2023, e tale termine viene di nuovo posticipato al 31 dicembre 2023 dall'emendamento al milleproroghe.

Dehors nell'attività edilizia libera: solo se funzionali a esigenze temporanee e facilmente rimovibili

Il Consiglio di Stato (Sez. II, 13 febbraio 2023, n. 1489) ha chiarito che i dehors (strutture a servizio di attività commerciali installate su suolo pubblico) per poter rientrare nella dizione di "attività edilizia libera" (art. 6, c. 1, lett. e - bis), d.P.R. n. 380/2001) devono rispondere a due requisiti:
•il primo "funzionale", consistente nella finalizzazione alle esigenze dell'attività, che devono risultare "contingenti e temporanee", intendendosi per tali quelle che, in senso oggettivo, assumono un carattere ontologicamente temporaneo, quanto alla loro durata, e contingente, quanto alla ragione che ne determina la realizzazione, palesato dalla loro permanenza massima sul suolo per un periodo non superiore a 180 giorni, termine sul quale sono inclusi pure i tempi di allestimento e smontaggio, riducendosi in tal modo l'uso effettivo a un periodo minore;
•il secondo "strutturale", consistente nella loro realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l'esigenza funzionale e, quindi, al più tardi nel termine di 180 giorni dall'avvio dell'installazione, coincidente con quello di comunicazione alla P.A. competente.
Per quanto afferisce all'ambito della tutela del paesaggio, ha spiegato il Consiglio di Stato, le installazioni in parola risultano esentate dall'autorizzazione di cui all'art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (che, nel disciplinare il rapporto tra P.A. competente al rilascio dell'autorizzazione, cioè la Regione o su delega della stessa i Comuni, e Soprintendenza, prevede che quest'ultima si esprima entro 45 giorni dalla ricezione degli atti, essendo inoltre onerata dell'inoltro del preavviso di diniego ove intenda farlo in senso negativo), ove si tratti di opere "di lieve entità", nell'accezione declinata alla voce "A.16" dell'Allegato A al d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31, che intende per tali quelle peraltro destinate a permanere sul suolo per un periodo "comunque non superiore a 120 giorni nell'anno solare". L'obbligo di motivare in modo autonomo il diniego del titolo paesaggistico in ipotesi di mancato rispetto del termine legale per l'espressione del parere della Soprintendenza, a dir del Consiglio di Stato, riguarda il contenuto del giudizio, ovvero la ritenuta attitudine dell'intervento a incidere in modo permanente sui valori paesaggistici, la cui rilevanza acquista una valenza maggiore rispetto a quella estetica, cioè limitata alla visione panoramica e alla percezione "empirica" delle opere. Se, al contrario, a tale merito neppure si arrivi in quanto non è stato superato il limite di ammissibilità dell'istanza formulata dal privato, l'atto di diniego assume contenuto vincolato e portata necessitata, e ben può limitarsi a riferire quanto chiarito dalla Soprintendenza, pure se tardivamente.

Le criticità rilevate dal Consiglio di Stato: disallineamento normativo e temporale
La sentenza del Consiglio di Stato in commento evidenzia che la difficoltà di catalogazione dei manufatti collocati su area pubblica per consentire l'ampliamento della superficie di somministrazione di alimenti e bevande delle attività commerciali risulta esasperata dalla stratificazione normativa, anche locale, caratterizzata da opzioni di pianificazione del territorio urbano peculiarmente permissive o "vaghe", se non nientemeno da atteggiamenti di sostanziale tolleranza o quanto meno acquiescenza rispetto a situazioni che, per consistenza e durata, sembrano sussumibili al concetto di "nuova costruzione" più che a quello di attività edilizia libera di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 380/2001. E ciò, sempre a dir del Consiglio di Stato, pure in considerazione del disallineamento delle previsioni temporali a presidio del regolare assetto del territorio, oggetto pure di tutela paesaggistica, stante che l'irrilevanza di un intervento sotto il primo profilo non coincide, quanto ai requisiti temporali, con quella riferita all'altro:
•180 giorni, comprensivi di montaggio e smontaggio, previsti dall'art. 6, c. 1, lett. e - bis), costituenti il limite massimo ai fini della configurata irrilevanza edilizia,
•120 giorni per quella paesaggistica la voce "A.16" dell'allegato al d.p.r. 13 febbraio 2017, n. 31, contenente la semplificazione dei procedimenti di rilascio del relativo titolo di cui all'art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Ulteriormente, è stato osservato che non aiuta, per addivenire a una più precisa identificazione tipologica dei dehors, l'elencazione degli interventi di edilizia libera contenuta nel "Glossario unico" approvato con decreto del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti del 2 marzo 2018, attuando l'art. 1, c. 2, del d.lgs. n. 222/2016 (che peraltro ancora prevede il tempo massimo di permanenza di 90 giorni) utile caso mai a confermare, tramite l'interpretazione testuale delle singole denominazioni, la riconducibilità dei dehors alla casistica di cui alla lett. e.bis) (che prevede una previa comunicazione) e non a quella di cui alla successiva lett. e.quinquies), riferita a "elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici". La disciplina a regime non risulta neppure incisa dalla riconosciuta possibilità di installare manufatti a servizio delle attività commerciali su area pubblica senza titolo alcuno, né edilizio, né paesaggistico, introdotta, come sopra riportato, in via eccezionale dal decreto "Sostegni", poi prorogata al 30 giugno 2023 dalla legge di bilancio 2023, e in corso di ulteriore proroga fino al 31 dicembre. La stessa, peraltro, non può retroagire rispetto a procedimenti incardinati sulla base della previgente normativa, dando adito a un'inammissibile sanatoria degli eventuali abusi commessi in ragione del mancato rispetto delle norme vigenti ratione temporis.

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