Progettazione

Etica, ambiente e funzione nelle opere di Doshi: il Pritzker premia per la prima volta un architetto indiano

di Mariagrazia Barletta

Nel 2016 è stato premiato l'impegno sociale di Alejandro Aravena, poi, l'anno successivo, si è dato risalto all'architettura senza tempo di Rafael Aranda, Carme Pigem e Ramon Vilalta (Rcr Arquitectes), capace di stabilire un dialogo intimo con il contesto. Quest'anno le opere realizzate dal vincitore del Pritzker uniscono l'approccio etico, l'impegno nel sociale, con la capacità di entrare in connessione con l'ambiente, le tradizioni sociali e le necessità dell'uomo. Quest'anno il Pritzker va all'indiano Balkrishna Doshi. L'annuncio è arrivato ieri.

Classe 1927, Doshi è un influente architetto e urbanista indiano, il suo lavoro (concentrato in India), ispirato ai maestri del XX secolo, quali Le Corbusier e Louis Khan, esplora le relazioni profonde tra le necessità della vita umana, le tradizioni sociali, la cultura e il contesto ambientale. Un'architettura armoniosa, rispettosa della cultura orientale, che alla risposta funzionale unisce quella poetica della forma, ma anche personale, intrecciata cioè a ricordi e suoni del suo passato.

Nella storia del Premio - istituito nel 1979 da Jay Pritzker, l'imprenditore e filantropo statunitense, fondatore della catena di hotel Hyatt – è la prima volta che il riconoscimento va ad un architetto indiano. «Nel corso degli anni – recita il verdetto - Balkrishna Doshi ha sempre creato un'architettura seria, mai vistosa o conforme alle mode. Con un profondo senso di responsabilità e il desiderio di dare un contributo al suo Paese e alla sua gente attraverso un'architettura autentica e di alta qualità, ha creato, tra l'altro, progetti per amministrazioni pubbliche, istituzioni educative e culturali e residenze per clienti privati».

Profondo l'impegno nel campo dell'housing. Ne è un esempio il complesso residenziale, ad alta densità, denominato "Aranya Low cost housing" realizzato nel 1989 a circa 6 chilometri da Indore, in India. Le abitazioni a schiera, dai colori vivaci, caratterizzate da un sistema di corti e di percorsi interni, oggi ospitano circa 80mila residenti, integrando in uno stesso sito famiglie a basso e medio reddito. Diverse le sperimentazioni portate avanti sul tema dell'housing con i complessi residenziali Vidhyadhar Nagar (Jaipur, 1984) e Life Insurance Corporation Housing (Ahmedabad, 1973). Balkrishna Doshi ha unito alla pratica l'impegno per l'insegnamento. È stato infatti fondatore e direttore della School of Architecture and Planning di Ahmedaba (poi rinominata Cept University), di cui è preside emerito.

«Le mie opere sono un'estensione della mia vita, della mia filosofia e dei miei sogni e cercano di trarre il meglio dallo spirito dell'architettura», ha affermato l'architetto raggiunto dalla notizia del premio. «Devo questo prestigioso riconoscimento al mio guru, Le Corbusier. I suoi insegnamenti mi hanno portato a mettere in discussione il concetto di identità e mi hanno spinto a scoprire nuove espressioni contemporanee, applicate a livello regionale, per un habitat olistico e sostenibile». Balkrishna Doshi, tra l'altro supervisionò alcuni progetti di Le Corbusier a Chandigarh e Ahmedabad. Con Louis Kahn lavorò per costruire l'Indian Institute of Management ad Ahmedabad e continuò poi a collaborare con il maestro per oltre un decennio. Fondò poi il suo studio (era il 1956), denominato Vastushilpa, in seguito ribattezzato Vastushilpa Consultants, con il quale ha realizzato in India più di 100 progetti di ogni genere.

Quanto all'influenza dei grandi maestri, in effetti in alcune opere di Doshi l'associazione con l'insegnamento di Le Corbusier è immediata. Non è difficile trovare punti di contatto formali tra l'Institute of Indology di Ahmedabad e il convento Sainte-Marie de la Tourette a Eveux-sur-l'Arbresle di Le Corbusier. Tante le opere del professore indiano, degne di nota, tra queste l'Indian Institute of Management (Bangalore, 1977-1992) che, ispirato ai templi e alle città labirintiche indiane, è un intreccio di edifici, corti e gallerie che accolgono all'interno aree verdi, mitigatrici del clima.

Il professor Doshi ha detto che «la progettazione converte rifugi in abitazioni, case in comunità e città in attrattori di opportunità». «Il lavoro di Doshi sottolinea davvero la missione del Premio, dimostrando che l'arte dell'architettura rappresenta un servizio inestimabile per l'umanità», ha commentato Tom Pritzker, figlio di Jay e presidente della Hyatt Foundation che sponsorizza il Premio.

Quest'anno ai giurati si è unita Kazuyo Sejima. La co-fondatrice dello studio giapponese Sanaa - vincitrice del Pritzker nel 2010 insieme al socio Ryue Nishizawa - si aggiunge agli architetti Glenn Murcutt (presidente di giuria), Richard Rogers e Wang Shu, vincitori del Pritzker rispettivamente negli anni 2002, 2007 e 2012, e alla direttrice dello studio Embt di Barcellona, Benedetta Tagliabue. In giuria, inoltre: l'immobiliarista inglese e collezionista d'arte che nel 1972 acquistò la Farnsworth house di Mies van der Rohe, Lord Peter Palumbo; il presidente dell'organizzazione filantropica indiana Tata Trusts, Ratan N. Tata; il giudice della corte suprema statunitense con uno spiccato interesse per l'architettura, Stephen Breyer; il direttore esecutivo del Premio Pritzker, Martha Thorne; e André Corrêa do Lago, critico di architettura, curatore e ambasciatore brasiliano in Giappone.

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