Fisco e contabilità

A Regioni e comuni del Sud la gestione di 20 miliardi del Pnrr

Rapporto Svimez. La stima dell’associazione: aumento annuo del 51% rispetto alla spesa gestita prima della pandemia. Il Piano non ridurrà i divari di crescita. Pil +5% nel 2021 a fronte del 6,8% del Centro-Nord

di Carmine Fotina

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non basterà a chiudere il divario di crescita tra Centro-Nord e Sud. Lo evidenzia la Svimez, associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, nel suo rapporto annuale. La dinamica fiacca dei consumi è il principale elemento che frenerà l’impatto propulsivo che verrà generato dal Pnrr, destinato a rappresentare un impegno imponente di progettazione e spesa per le amministrazioni meridionali.

L’onere del Piano

La Svimez stima che le amministrazioni regionali e locali del Sud dovranno gestire una quota significativa del Pnrr, pari a 20,5 miliardi, per la metà concentrati nel biennio 2024-2025. In questi due anni, in particolare, il volume annuo di spesa per investimenti attivato dovrebbe essere pari a circa 4,7 miliardi che richiederanno uno sforzo aggiuntivo pari a circa il 51% rispetto alla spesa annua effettuata dalle stesse amministrazioni nel triennio 2017-19. Nel Centro-Nord l’impegno aggiuntivo non supererebbe invece il 41%. Un elemento di forte criticità, sottolinea il direttore della Svimez, Luca Bianchi, soprattutto in considerazione dei Comuni in crisi finanziaria (dove vive un cittadino meridionale su tre) che avranno maggiori vincoli su assunzioni di profili specializzati per la gestione dei bandi o nel ricorso all’assistenza tecnica. Il ministro per il Sud, Mara Carfagna, ha aperto alla proposta della Svimez di realizzare dei centri di competenza territoriale formati da specialisti nella progettazione, anche in raccordo con le Università presenti nel territorio, e ha annunciato un emendamento al decreto sull’attuazione del Pnrr per mettere a disposizione delle Pa ulteriori 500-700 figure specializzate rispetto a quelle già previste.

La crescita e il Pnrr

Nel 2020 la pandemia aveva reso sostanzialmente omogenei gli andamenti territoriali nel Centro-Nord e nel Sud, marcando una profonda differenza rispetto ai disallineamenti del passato, ma nel 2021 tornano le distanze con il Centro-Nord che si attesta a +6,8% mentre il Sud cresce del 5%. È il 2022 tuttavia il primo anno in cui si dovrebbe riscontrare un effetto significativo delle misure previste nel Pnrr e la crescita risulterà sostanzialmente allineata (rispettivamente +4,2% e +4%) grazie al rilevante impatto che la dinamica di costruzioni ed export eserciteranno sul Mezzogiorno. Si riconcretizzerà la divaricazione a vantaggio del Centro- Nord, seppure contenuta, nel 2023 e 2024 e il bilancio complessivo del quadriennio considerato farà segnare +12,4% al Sud e +15,6% al Centro-Nord.

Il freno dei consumi

L’associazione presieduta da Adriano Giannola mette in evidenza l’impatto positivo sia delle manovre di finanza pubblica sia del Piano nazionale di ripresa, maggiore proprio al Sud, ma questo effetto sarà attutito nel Mezzogiorno dalla debolezza dei consumi che dopo aver perso il 7,4% nel 2020 dovrebbe tornare ai livelli pre-Covid solo nel 2024, con un anno di ritardo rispetto al Centro-Nord. La tesi della Svimez è che la fragilità dei consumi sia conseguente alla dinamica salariale piatta (15,3% di dipendenti con bassa paga nelle regioni meridionali rispetto a 8,4% in quelle centro settentrionali), al basso tasso di occupazione e all’eccessiva flessibilità con il ricorso al tempo determinato per quasi 920mila lavoratori meridionali (22,3% al Sud rispetto al 15,1% al Centro-Nord) e al part time involontario (79,9% al Sud contro 59,3% al Centro-Nord).

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