Fisco e contabilità

Appalti, nel fondo anti-inflazione riserva per le opere degli enti locali

In arrivo anche la proroga a metà ottobre dei termini per le intese salva-città

di Gianni Trovati

Nel fondo costruito con il decreto Aiuti per sostenere gli appalti travolti dall’inflazione dovrebbe entrare una riserva destinata alle opere degli enti locali. I tecnici sono al lavoro per individuare la via più efficace per il meccanismo, che potrebbe essere scritto in un emendamento al decreto oppure trovare una definizione in via amministrativa. In ogni caso l’obiettivo è chiaro: evitare che gli interventi più grandi assorbano con le loro dimensioni finanziarie tutti i 3 miliardi del fondo, lasciando a secco gli interventi di Comuni, Città metropolitane, Province e così via. Di qui l’idea di riservare alle amministrazioni locali una quota dedicata, che sarà misurata in proporzione al valore delle loro opere a gara fra il 18 maggio scorso, data di entrata in vigore del decreto con il fondo, e la fine dell’anno.

Il Pnrr e il destino della sua declinazione territoriale tornano insomma a dominare la scena anche nel lavoro parlamentare sul decreto Aiuti, destinato a entrare nel vivo dell’esame alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera domani con l’indicazione dei circa 460 emendamenti «segnalati» fra le 2.400 proposte di correttivi presentate dai partiti. Ma nell’agenda degli interventi che riguardano da vicino le amministrazioni locali non c’è solo il Recovery.

Un primo problema, segnalato fin dall’inizio da questo giornale, riguarda i tempi previsti per l’intesa salva-bilanci per le città in condizione di crisi segnalata da un deficit 2020 da almeno 500 euro per residente o da un debito di almeno mille euro pro-capite. Il calendario, che in alcune delle città interessate come Alessandria, Genova, Rieti e Catanzaro incrocia peraltro le elezioni amministrative di ieri, chiederebbe di sottoscrivere l’accordo entro il 17 luglio: praticamente impossibile. La proposta, che ha buone chance di approvazione essendo per di più stata presentata da un ventaglio ampio di partiti che va dalla Lega a Leu, chiede di spostare il termine a metà ottobre. Cioè in un orizzonte temporale più gestibile anche da Palazzo Chigi, come mostrano i casi di Reggio Calabria e Palermo che ancora non sono riusciti a chiudere l’accordo salva-bilanci nel meccanismo previsto dalle grandi città dalla legge di Bilancio (l’accordo è stato firmato per ora solo a Napoli e Torino).

Sul tavolo c’è poi l’idea di liberare l’utilizzo dei fondi emergenziali 2020-21 rimasti inutilizzati per finanziare nuove riduzioni della Tari. L’inflazione energetica sta infatti investendo in pieno anche la struttura dei costi di raccolta e smaltimento che incidono sui Pef e quindi sulle tariffe chieste a cittadini e imprese. L’eliminazione dei vincoli per il reimpiego dei vecchi fondi emergenziali aiuterebbe molti Comuni: e, nella proposta, si porterebbe dietro uno slittamento al 31 luglio dei termini per l’approvazione delle tariffe, oggi fissati al 30 giugno con l’ultimo rinvio dei preventivi.

Più complicate sono, invece, le prospettive dei correttivi che costano; a partire dalla richiesta di tornare a intervenire in aiuto delle aziende di trasporto pubblico locale, che lamentano nel 2021 uno sbilancio vicino al miliardo, e delle Città metropolitane.

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