Personale

Compensi al dipendente per l'incarico nel Cda della partecipata da corrispondere direttamente all'ente di appartenenza

Possono confluire nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio

di Corrado Mancini

L'incarico di componente del consiglio di amministrazione di una società affidataria in house di servizi pubblici locali ricoperto da un dipendente dell'ente locale controllante, autorizzato per tale incarico, ai sensi dell'articolo 53 del Dlgs 165/2001, deve essere gratuito e ha carattere istituzionale in quanto si intende svolto nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza e qualora l'assemblea societaria abbia previsto specifici compensi, gli stessi sono corrisposti direttamente all'amministrazione di appartenenza dell'impiegato e possono confluire nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza o del personale non dirigenziale. Lo afferma la Sezione Regionale per il Veneto della Corte dei conti con la delibera n. 79/2022 (si veda anche NT+ Enti locali & edilizia del 27 maggio).

Dal punto di vista normativo e giurisprudenziale, i magistrati osservano come le disposizioni dell'articolo 11, comma 8, del Dlgs 175/2016 per le quali «gli amministratori delle società a controllo pubblico non possono essere dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti», non risulti applicabile, come espressamente previsto dall'articolo 1 comma 5 del Tusp, alle società quotate, cioè quelle a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati, che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati. Osservano ancora come l'articolo 62 del Dpr 3/1957, come modificato dall'articolo 6, comma 4, del Dl 78/2010, preveda che nei casi stabiliti dalla legge o quando ne sia autorizzato con deliberazione del Consiglio dei Ministri, l'impiegato può partecipare all'amministrazione o far parte di collegi sindacali in società o enti ai quali lo Stato partecipi o comunque contribuisca, in quelli che siano concessionari dell'amministrazione di cui l'impiegato fa parte o che siano sottoposti alla vigilanza di questa, ma i compensi dovuti dalla società o dall'ente sono corrisposti direttamente all'amministrazione di appartenenza. Nella giurisprudenza della Corte conti, tale disposizione, nonostante lo specifico riferimento alle società «alle quali lo Stato partecipa», è stata ritenuta applicabile anche agli incarichi «di amministrazione» in società partecipate dagli enti locali, in virtù dell'estensione a tutti i dipendenti pubblici del regime di incompatibilità di cui agli articoli 60 e seguenti del Dpr 3/1957 (Sezione regionale di controllo Friuli Venezia Giulia deliberazione n. 30/2012).

Inoltre, i magistrati della Sezione veneta, evidenziano come le disposizioni di cui all'articolo 62 del Dpr 3/1957 sanciscano di fatto la gratuità dell'incarico e con riferimento alle società in house, tengono a precisare, che se si ammettesse la possibilità per tale società di erogare uno specifico compenso per l'attività svolta dal funzionario o dal dirigente (in qualità di consigliere di amministrazione), si arriverebbe ad ammettere, contrariamente a quanto previsto dalla normativa vigente, che l'amministrazione di appartenenza, seppure mediante l'interposizione (del tutto formale) di un organismo societario, possa erogare a un proprio dipendente un compenso aggiuntivo per un'attività che rientra nei compiti d'istituto dell'amministrazione medesima; ciò in violazione del principi di onnicomprensività del trattamento economico e di parità di trattamento contrattuale che trovano applicazione sia con riferimento ai dirigenti sia in relazione al personale non dirigenziale (Deliberazione Sezione per il Veneto n. 27 del 21 febbraio 2012).

Tuttavia esclusa la possibilità, da parte dell'ente locale, di erogare uno specifico emolumento per la carica ricoperta dal funzionario o dirigente in società controllata viene ammessa la destinazione dell'eventuale compenso, stabilito dalla società e riversato all'amministrazione, al trattamento economico accessorio del personale dirigente o non dirigente, in deroga al limite di cui all'articolo 23, comma 2, del Dlgs 75/2017.

La deroga a detto limite viene giustificata dalla Corte richiamando in generale i presupposti individuati a tal fine dalla giurisprudenza contabile e nello specifico: «le risorse impiegate devono essere totalmente coperte dalla fonte esterna; le risorse devono esaustivamente remunerare sia lo svolgimento delle funzioni sia il trattamento accessorio; l'ente interessato dovrà verificare sia a preventivo che a consuntivo l'effettiva capienza delle somme disponibili prima di poter riservare (a preventivo) somme per il salario accessorio e a (consuntivo) di poter erogare compensi (Sezione delle autonomie Delibera n. 23/2017, con riferimento all'utilizzo del contributo dell'AGCOM per il finanziamento del trattamento accessorio del personale adibito all'esercizio delle funzioni da esso delegate)».

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