Accrual: immobilizzazioni materiali in base all’Itas 4, il calcolo del valore contabile iniziale
Il principio contabile Itas 4 stabilisce il trattamento contabile delle immobilizzazioni materiali, con riferimento alla rilevazione iniziale, alla determinazione del valore contabile, all’ammortamento e alle perdite per riduzione di valore.
La valutazione iniziale delle immobilizzazioni è il valore di ingresso dell’immobilizzazione in regime di vigenza del principio e non il valore da attribuire in sede di prima applicazione degli Itas.
Le immobilizzazioni materiali sono valutate:
- quelle acquisite a titolo oneroso al costo, eccetto le attività biologiche impiegate in agricoltura, che sono valutate al valore di mercato al netto dei costi di vendita;
- le immobilizzazioni materiali acquisite per scambio con un’attività non monetaria sono determinate al valore di mercato, di norma;
- le immobilizzazioni acquisite a titolo gratuito sono valutate al valore di mercato o al costo di sostituzione, al valore minore trai i due, qualora entrambi i criteri soddisfino i postulati e i vincoli dell’informazione del bilancio. Se l’immobilizzazione perviene da un’altra amministrazione pubblica il valore iniziale è il valore contabile rinvenibile nel bilancio di esercizio dell’amministrazione cedente, per garantire la continuità delle valutazioni.
Il costo include, oltre al prezzo di acquisto, gli oneri accessori sostenuti per l’acquisto, al netto degli sconti commerciali e degli abbuoni, anche i costi necessari per portare il bene nel luogo e nelle condizioni necessarie affinché sia in grado di operare o sia utilizzato e la stima dei costi di smantellamento e di rimozione del bene e di bonifica del sito su cui esso insiste, se l’amministrazione ne è obbligata. Ne sono esempi, i costi dei benefici ai dipendenti (Itas 15), i costi di preparazione del sito, i costi di consegna e di gestione del cantiere, i costi di installazione e assemblaggio, di collaudo e gli onorari professionali correlati a prestazioni svolte esclusivamente per mettere l’immobilizzazione in condizione di essere utilizzata. È possibile anche capitalizzare gli oneri finanziari sostenuti relativamente all’indebitamento contratto per l’acquisto o la costruzione di una determinata immobilizzazione. Per poterli capitalizzare è necessario che si stiano sostenendo i costi per l’acquisto o la costruzione e che si stiano sostenendo altresì gli oneri finanziari e che siano in corso le attività necessarie a predisporre l’immobilizzazione all’uso a cui è destinata. La capitalizzazione termina quanto tutte le attività necessarie per la messa in uso dell’immobilizzazione sono completate. Come specificano le linee guida, la capitalizzazione richiede che sia probabile che gli oneri finanziari comporteranno benefici economici futuri o potenziale di servizio per l’amministrazione e che possano essere attendibilmente determinati.
Per le immobilizzazioni acquisite a titolo gratuito la valutazione avviene considerando il minore tra il valore di mercato, ossia quello derivante da una libera transazione tra venditori e acquirenti consapevoli, nel pieno rispetto delle condizioni di mercato (ad esempio, i prezzi correnti di un mercato attivo, come i prezzi del mercato dei terreni, dei fabbricati, dei veicoli e di impianti e macchinari. Viene assimilato al valore di mercato il valore assicurato) e il costo di sostituzione. Se il valore di mercato non esiste è utilizzabile una stima dello stesso. Il costo di sostituzione è invece il costo minimo che l’amministrazione dovrebbe sostenere per riuscire a garantire il medesimo potenziale di servizio di quella attività (ad esempio, per gli uffici pubblici ubicati all’interno di un edificio, il costo di sostituzione può stimarsi prendendo come riferimento un altro edificio che per metratura, posizionamento e caratteristiche similari, sarebbe idoneo a ospitare i medesimi uffici). Nel caso di immobilizzazioni acquisite a titolo gratuito, in contropartita viene rilevato un provento, ovvero un incremento del patrimonio netto se il trasferimento è effettuato a titolo di incremento del fondo di dotazione o per ripiano di perdite pregresse.
Nel caso di attività rientranti nel patrimonio culturale, acquisite senza corrispettivo, la valutazione iniziale è effettuata facendo una distinzione tra le attività operative e le attività non operative. Le prime, cioè quelle che oltre ad avere una valenza culturale vengono impiegate dall’amministrazione per erogare servizi in quanto beni strumentali, sono valutate al valore di mercato, al costo di sostituzione o al valore d’uso; le seconde, ossia quelle possedute prioritariamente per la loro valenza culturale, solo al valore di mercato o al valore d’uso. Nel caso di acquisizione da altra amministrazione pubblica la valutazione è effettuata al valore contabile rinvenibile nel bilancio di esercizio dell’amministrazione cedente. La stima del valore d’uso, utilizzata se c’è una fruibilità del bene, è basata su due criteri: l’attualizzazione dei flussi netti di cassa o dei risparmi di spesa ovvero la capitalizzazione dei costi sostenuti in passato per mantenere o incrementare la fruibilità e la conservazione del bene da quando è in possesso dell’amministrazione o da quando ha iniziato a far parte del patrimonio culturale da preservare. Il primo è un criterio pari all’”impairment test” dell’Ipsas 26 e considera i flussi finanziari diretti e quelli indiretti. I primi sono tutte le entrate legate alla fruizione del bene (introiti dei biglietti, concessioni del bene, servizi in concessione diretta, servizi aggiuntivi, sponsorizzazioni, noleggi, contributi di enti pubblici o privati, al netto delle spese di gestione) e i risparmi di uscite derivanti dall’utilizzo dell’attività culturale nell’erogazione di servizi (fitti figurativi, spese di rappresentanza, eccetera). I secondi sono le entrate incrementali dell’amministrazione connesse ai benefici economici generati dal bene culturale (ad esempio, le imposte derivanti dall’attività economica generata dalla domanda dei visitatori del bene e le imposte di soggiorno applicate agli stessi). Al fine di applicare il metodo del valore d’uso, una volta definiti i flussi diretti e indiretti, occorre determinare altri due parametri: il tasso e il tempo. Per questi ultimi si applicano per analogia le linee guida elaborate da Eurostat ai fini della stima dei diritti pensionistici dei sistemi pubblici.
Il criterio della capitalizzazione dei costi consiste nella determinazione del montante di tutti i costi sostenuti sia per le opere conservative del bene e sia quelli sostenuti per garantirne l’accesso da parte della collettività. Vanno inclusi anche i costi dei benefici ai dipendenti direttamente derivanti dalla realizzazione del bene e i costi sostenuti per la preparazione del sito. Si considerano sia gli interventi conservativi, che quelli migliorativi, nonché le spese di funzionamento. Da includere anche i costi figurativi, ossia di quei fattori produttivi impiegati ai quali non corrisponde un esborso monetario (ad esempio se una galleria museale è ubicata in spazi messi a disposizione gratuitamente da altra amministrazione, occorrerebbe considerare anche il costo dell’affitto che si sarebbe dovuto sostenere per poter usufruire del luogo. Il montante è calcolato applicando il tasso di capitalizzazione determinato in base ai rendimenti medi di mercato dei titoli di Stato a lungo termine forniti da Eurostat.
(*) Vice presidente Anutel
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