Al turnista spetta un buono pasto ogni sei ore
Le modalità e la durata della pausa sono stabilite dal contratto collettivo di lavoro e devono tener conto delle esigenze del processo lavorativo
Ai fini del riconoscimento del buono pasto a un dipendente adibito a turni orari va riconosciuto il diritto a usufruire della pausa di lavoro a prescindere dal fatto che la stessa avvenga nelle fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto ovvero in fasce per le quali il pasto possa essere consumato prima dell'inizio del turno. Secondo la Corte di cassazione (ordinanza n. 32113/2022) in tema di pubblico impiego privatizzato, al fine di garantirne il benessere psico-fisico necessario per proseguire l'attività lavorativa quando l'orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, l'attribuzione del buono pasto va considerato quale agevolazione di carattere assistenziale. In quanto tale nell'ambito dell'organizzazione dell'ambiente di lavoro è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le elementari esigenze del dipendente. Deriva che la corresponsione del buono pasto presuppone unicamente che il lavoratore osservando un orario di lavoro giornaliero pari o superiore a sei ore abbia diritto a una pausa lavorativa.
La Corte d'appello, a conferma della sentenza in primo grado del Tribunale, aveva negato ai dipendenti turnisti il diritto a beneficiare dei buoni pasto sostitutivi del servizio mensa per ogni turno lavorativo eccedente le sei ore; sul presupposto peraltro che costoro non avevano mai richiesto la fruizione del servizio mensa al di fuori dell'orario di lavoro.
In relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, gli enti possono istituire mense di servizio ovvero in alternativa garantire l'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive. Il pasto va consumato al di fuori dell'orario di lavoro e il tempo impiegato per il consumo dello stesso va rilevato con i mezzi di controllo del tempo. Il diritto alla mensa è quindi collegato al diritto alla pausa. Di qui il rilievo a tenore del quale il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per detta pausa qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite delle sei ore. Ciò ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della consumazione di alimenti. Le modalità e la durata della pausa sono stabilite dal contratto collettivo di lavoro e devono tener conto delle esigenze del processo lavorativo.
Secondo la Suprema Corte, la sentenza impugnata, attribuendo rilevanza alla circostanza che i lavoratori non avevano mai richiesto la fruizione del servizio mensa durante la pausa lavorativa si era discostata dai principi menzionati. Deve invece essere affermato il diritto alla fruizione dei buoni pasto per ogni turno lavorativo che superi le sei ore. Tenuto conto del fatto che il pasto ai sensi della disciplina vigente non è monetizzabile, in presenza dei presupposti di legge, deve valutarsi la possibile attribuzione del bene primario in argomento, se del caso anche a titolo di risarcimento del danno. La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte d'appello.