Il CommentoFisco e contabilità

Attuazione del Pnrr, innanzitutto la cura delle risorse umane

di Ettore Jorio

L'inventario del possibile, tanto è da considerarsi l'attuale Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, da realizzare grazie alla enormità, della quota parte nazionale, delle risorse della Next Generation Eu, quale strumento unionale nato per affrontare la post-pandemia con il rilancio dell'economia e a rendere gli Stati membri più verdi e digitali.
L'inventario del probabile è, invece, identificativo di quello che si renderà possibile concretizzare, nel rispetto delle condizioni e dei paletti procedurali, temporali, realizzativi e rendicontativi imposti per l'occasione dall'Ue, tenuto conto delle organizzazioni amministrative dei possibili enti beneficiari.
L'inventario della concretezza rappresenterà quanto, invece, realizzato sul realizzabile, non solo in termini di opere infrastrutturali bensì relativamente alle riforme irrinunciabilmente pretese, in primis della giustizia e del fisco. Insomma, costituirà la prova del successo ovvero del fallimento.

L'esigenza di un insieme politico-burocratico strutturato
Tenuto conto delle rinnovate definizioni del programmato e del rendicontato - espressioni dalla capacità istituzionale del sistema Repubblica di progettare e spendere bene - non può non sottolinearsi quanto sia importante l'impegno di competenza dello Stato, sia sul piano legislativo che di gestione degli interventi afferenti alle grandi infrastrutture.
Proprio perché nel Pnrr non è tracciata la modalità di governance - tanto da essere stata individuata in un apposito decreto (n. 77/2021) - ci sarà tantissimo da fare di nuovo a livello territoriale. Soprattutto a carico delle Regioni, impegnate come sono con i fondi ordinari 2014-2027 per 340 miliardi (si veda NT+ Enti Locali Edilizia del 5 novembre) e con l'assunzione del ruolo di grande regia del proprio sistema autonomistico locale. A livello di progettazione, il loro impegno sarà notevole al Sud, dal momento che con ciò avranno l'ultima occasione di superare il divario che le separa dal resto del Paese. Pertanto, dovranno impegnarsi per programmare, progettare, realizzare e consuntivare. Avranno altresì l'onere di legiferare riforme - nell'ambito delle loro competenze istituzionali, ove mai ampliate con il ricorso al regionalismo differenziato - riguardanti: le semplificazioni, una concreta modifica delle procedure amministrative; il riordino dei sistemi riguardanti l'erogazione dei diritti sociali (sanità e sociale); la disciplina facilitata dell'impresa e dell'agricoltura, funzionali alla rivoluzione green.

Nessuna divagazione, quindi
Sul piano nazionale, quindi, vietato giocare di politica, ancorché in prossimità dell'elezione del Capo dello Stato che, peraltro, mette in palinsesto anche la candidatura di Draghi, con conseguente «guaio» nell'amministrare la res governativa per il buon esito del Pnrr. Tutte le calorie della politica, piuttosto che consumarle in inutili diverbi e atti preparatori elettorali, vanno spese per far sì che il Paese goda, quanto più possibile, dei circa 240 miliardi di euro del Recovery Fund.

Il da farsi e le attese
Per fare dunque bene, necessita un impegno improbo dell'intero sistema pubblico per assicurare:
a) una performance burocratica centrale nettamente al di sopra di quelle solite, con dirigenti (finalmente) più impegnati a realizzare che ad esercitare il proprio potere interno. Quello che li ha resi intoccabili ed egemoni da sempre;
b) una prestazione delle competenze amministrative e normative regionali finalmente all'altezza della situazione, favorite da interventi istruttivi sul campo di reale portata, nettamente diversi dai soliti pagati attraverso il ricorso alle ripetitive e inutili assistenze tecniche plurimilionarie, buone solo per ficcare chiunque.

In primis, la cura delle risorse umane
Il Pnrr, oramai in corsa, lo esige e presto. Così come lo esigono i fabbisogni formativi di una burocrazia territoriale distintasi, specie nel Sud, per la modesta produzione amministrativa, debole sia sul piano quantitativo che qualitativo.
Non solo. Per i mancati controlli della governance politica regionale, che dovrebbe rendersi finalmente garante dell'esigibilità dei quattrini europei, curando la metodologia liquidatoria fondata sullo stato di avanzamento e le corrette conclusioni dei lavori, in passato durati spesso ad libitum.
E ancora. Con i mille esperti - distribuiti peraltro nel Paese non secondo la necessità obiettiva di performare meglio le istituzioni regionali più deboli bensì con criteri forse demografici (si veda NT+ Enti locali & edilizia del 5 ottobre). - sarà dura colmare i gap esistenti. Ciò perché venuti fuori da una procedura selettiva non propriamente ideale per valutare la capacità professionale posseduta dai candidati, che francamente non offrono certezza nell'ossequio degli adempimenti cui saranno destinati, con la conseguenza per le Regioni di doverli contrattualizzare ugualmente.

Lo start, le cautele e le preoccupazioni
A monte, è iniziato il campionato del Recovery Plan, con tanti miliardi di euro a fondo perduto, che si dubitano di facile godimento da parte dei destinatari.
Prudenza? No, pessimismo, conoscendo lo stato performativo delle pubbliche amministrazioni del Mezzogiorno. Ciò che dovrà essere erogato in ulteriore acconto - successivo all'intervenuto primo anticipo e ai ratei scanditi nel cronoprogramma - e a saldo differito verrà trattenuto dall'Ue in difetto procedurale ovvero in presenza di colpevoli ritardi/inadempimenti. Di conseguenza, ciò che è stato erogato sulla fiducia dovrà essere ripetuto verosimilmente mediante trattenuta sui fondi ordinari.
A ben vedere, è una gara non solo con il tempo, cronometrato come ottimale, ma con i risultati, infra e finali, che dovranno essere quelli promessi e attesi. Da, qui, l'inderogabile esigenze di una squadra della dirigenza, soprattutto quella delle Regioni che dovranno svolgere un importante ruolo di regia per tutti gli enti locali.