Aumenti (un po’) più liberi per il fondo decentrato
Possibile inserire somme per finanziare «scelte di politica retributiva»
Il nuovo contratto 2019/2021 concede qualche tempo agli enti per recepire le sue novità principali. Le nuove regole per la costituzione e per l’utilizzo del fondo decentrato decorreranno dal 1° gennaio 2023.
Così recitano gli articoli 79 (costituzione del fondo) e 80 (utilizzo delle risorse) della pre-intesa. Quindi solo dal 1° gennaio del 2023 devono ritenersi disapplicate le clausole del contratto 21 maggio 2018. Questo differimento non comporta riduzioni nelle spettanze. Gli incrementi innovativi, stabili e variabili, potranno essere cumulati nel 2023, una tantum, secondo la decorrenza contrattuale.
La costituzione del fondo è omogenea nella struttura a quella osservata con il contratto precedente. La parte stabile resta composta dall’unico importo consolidato del 2017 e dagli incrementi ex articolo 67 comma 2 del contratto del 21 maggio 2018, ossia gli 83,2 euro pro capite e il riallineamento del cosiddetto «differenziale» per le progressioni orizzontali.
Ci sono poi alcune novità. Innanzitutto, un importo pari a 84,5 euro pro capite, fuori limite, da computare stavolta sui dipendenti in servizio al 31 dicembre 2018. Inoltre, un riallineamento dell’importo necessario a pagare le progressioni attribuite al personale in servizio all'entrata in vigore del contratto. A queste si aggiunge una voce particolare: la parte fissa del fondo andrà implementata di una somma pari al differenziale di costo tabellare (attualmente pagato fuori fondo) del personale di accesso in B3 rispetto al B1. L’importo, calcolato sui dipendenti che si troveranno in quella condizione alla data di decorrenza della riclassificazione del personale, dovrà incrementare il fondo per pagare anche quella parte di retribuzione. Una partita di giro, a ben vedere: tanto si inserisce, tanto si spenderà. Anche la parte variabile segue le orme dell'attuale contratto. Confermate le voci classiche, si ritrova anche l’incremento che le amministrazioni possono inserire fino all’1,2% del monte salari dell’anno 1997.
Cambia l'altro incremento "giuntale": si prevede ora che gli enti possano inserire somme «sulla base di scelte organizzative, gestionali e di politica retributiva, anche connesse ad assunzioni a tempo determinato, ove nel bilancio sussista la relativa capacità di spesa». Somme, cioè, che pur dovendo rispettare il limite 2016, non trovano più una necessaria correlazione con obiettivi del Piano delle performance.
C'è poi l'altra vera novità: in attuazione del comma 604 della legge 234/2021, nella parte variabile le amministrazioni potranno inserire un ulteriore importo, non soggetto al limite al trattamento accessorio, determinato nella misura massima dello 0,22% del monte salari dell'anno 2018, da suddividere in modo proporzionale tra incremento del fondo e budget delle posizioni organizzative, secondo il rapporto di forza che i due aggregati hanno registrato nel 2021.I due importi nuovi, cioè gli 84,5 euro pro capite sulle stabili e quest'ultimo incremento sulle variabili, non risentiranno del differimento dell'applicazione delle nuove regole all'anno prossimo: il primo sarà inserito già dal 2021, mentre il secondo potrà essere finanziato già dal 2022, con incremento multiplo una tantum, quindi, sul fondo 2023.