Caro-materiali, Salini (Webuild) scrive a Giovannini: settore a rischio default
Per il big italiano delle costruzioni la nuova revisione prezzi è insufficiente: rischio gare deserte e lavori lasciati a metà
Un intero settore, quello dei lavori pubblici, a rischio default. In uno scenario di gare deserte e cantieri lasciati a metà. Anche in tempi di gravi crisi internazionali, quando è giusto dosare bene le parole, è uno scenario poco meno che apocalittico, almeno in termini economici, quello che attenderebbe il settore delle costruzioni a causa dell'eccezionale aumento del costo dei materiali. A dipingerlo non è un personaggio qualsiasi, ma il numero uno delle principale impresa delle costruzioni italiane, in una lettera inviata pochi giorni fa al ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini. Nel documento finora rimasto riservato, Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild, analizza nel dettaglio le mosse compiute dal governo per far fronte al caro-materiali, soffermandosi in particolare sul meccanismo di revisione obbligatoria dei prezzi introdotto con il decreto Sostegni-ter. Conclusione? Quel meccanismo non solo non basta ma rischia di creare ulteriori problemi tra imprese e stazioni appaltanti, generando una spirale perversa di contenziosi e riserve.
Coprire anche i lavori già in corsoIl primo problema evidenziato dal numero uno di Webuild, che ha in portafoglio ordini per 44,2 miliardi di euro, di cui il 48% nel nostro Paese (21,3 miliardi), è che la nuova revisione prezzi vale solo per gli appalti banditi dopo il 27 gennaio 2022. Elemento che esclude tutti i contratti in corso di revisione, ai quali potrà applicarsi soltanto il meccanismo di compensazione ex-post, giudicato dalle imprese talmente povero e farraginoso, da aver spinto l'Associazione nazionale costruttori (Ance) ad impugnare i decreti del governo davanti al Tar. Non solo. Salini evidenzia anche che il nuovo sistema di revisione prezzi (coprendo solo l'80% dei maggiori costi sopportati dall'impresa in aggiunta all'alea del 5% comunque addebitata agli imprenditori) «costituirebbe un netto peggioramento per le posizioni degli operatori del settore anche rispetto al sistema previsto dal precedente D.L. n. 73/2021 che prevedeva il 100% del riconoscimento dell'importo (non l'80%) pur con un'alea del 8%».
Rischio contenzioso con il richiamo al cronoprogramma dei lavori
L'altro grave rischio evidenziato da Salini nella nota inviata al ministro delle Infrastrutture nasce dalla scelta di subordinare il meccanismo di revisione prezzi al rispetto del cronoprogramma dei lavori. La norma, sottolinea l'Ad di Webuild, «sovrappone due tematiche delicatissime in maniera semplicistica, con conseguenze facilmente intuibili quali: 1) aumento del livello di conflittualità tra committente e appaltatore, 2) moltiplicazione delle iscrizioni di riserve relative a scostamenti anche trascurabili rispetto al cronoprogramma, 3) incremento delle questioni devolute ai collegi consultivi tecnici, 4) probabili ulteriori esborsi (postumi) di denaro pubblico. La sottolineatura è che a far scattare il cartellino rosso che nega la compensazione degli extra-costi alle imprese è «qualsiasi mancato rispetto del cronoprogramma dei lavori, non considerando che tale circostanza potrebbe dipendere da cause non imputabili all'appaltatore, in particolare per gli appalti complessi, quali quelli in corso di realizzazione e da realizzare in ambito Pnrr».
Settore a rischio default e gare deserte
Senza correttivi immediati, profetizza Salini, è «verosimile ritenere che, la situazione di forte disagio in cui versano tutti gli operatori economici e, più in generale, il settore dei lavori pubblici, possa ulteriormente aggravarsi sino al suo default». La proposta avanzata dall'Ad di Webuild è di mettere sullo stesso piano vecchi e nuovi contratti «eliminando il riferimento al rispetto del cronoprogramma e a "probatio diaboliche" che creino ulteriori oneri sulle imprese». «Nell'incertezza - è l'allarme - , il rischio di gare deserte e lavori lasciati a metà è grave». Non è la prima volta che queste parole rimbombano nel settore. Un allarme simile, da una prospettiva del tutto istituzionale, solo pochi giorni fa è venuto dal presidente dell'Anac Giuseppe Busia.
La proposta di una nuova formula per la revisione prezzi
Il suggerimento è quello di adottare una «formula polinomiale, impiegata in molti contratti europei ed internazionali, e senza alcuna alea» che «preveda la individuazione di un paniere di materie prime e costi base per la realizzazione delle opere pubbliche. Nel paniere dovrebbero essere incluse anche i costi energetici finora esclusi dalle condensazioni, lasciando all'Istat il compito di valutare periodicamente gli aumenti.
In assenza di modifiche, da adottare subito, sfruttando l'iter di conversione in legge del decreto Sostegni-ter (Dl 4/2022, ora all'esame della commissione Bilancio del Senato), salini evoca il « rischio fondato della sopravvivenza stessa degli operatori italiani dell'intero mercato dei lavori pubblici». «Ove, infatti, non si correggesse il tiro, tutto il sistema si paralizzerebbe, atteso che l'intera filiera ne sconterebbe le conseguenze. Si configurerebbe uno scenario in cui i subappaltatori preferiranno risolvere il contratto, anche pagando penali, piuttosto che sostenere aggravii di costi che li porterebbero al default».
«Tutti i principali operatori economici del settore, ed in primis il Gruppo Webuild – conclude Salini nel documento inviato al ministro - sono pronti a dare il loro contributo ma occorre che vengano poste le corrette condizioni di mercato perché ad essi sia consentito di svolgere congruamente la propria attività di impresa».