Come cambia il Cup per il servizio di telefonia
Con le dichiarazioni inviate a tutti gli enti locali, TIM nei giorni scorsi ha comunicato quello che oggi rappresenta un vero e proprio stravolgimento del canone previsto a favore di Comuni e Province per le occupazioni permanenti realizzate con cavi e condutture necessari all’erogazione dei servizi di rete telefonica. La compagnia ex monopolista, per effetto della vendita della propria infrastruttura di rete fissa alla società FiberCop S.p.A. a far data dal 1° luglio 2024, ha dichiarato per l’anno corrente una sola utenza per ciascun territorio, con conseguente pagamento del canone nella sola misura minima, fissata per il 2025 in 940,02 euro.
TIM quindi ha abbandonato definitivamente il calcolo del canone basato sulle utenze attive di rete fissa e si è auto-posizionata tra quelle società competitor sul mercato che non occupano direttamente suolo pubblico, ritenendosi peraltro estranea anche alla cosiddetta soggettività passiva in via mediata.
La società ha deciso in ogni caso di versare la misura minima di canone come conseguenza dell’unico caso residuo di possesso materiale di occupazione mediata del suolo pubblico derivante dal cosiddetto indefeasible right of use o IRU, ovvero il diritto pluriennale d’uso dell’infrastruttura di rete.
Proviamo a dare forma alla logica espressa dalla stessa TIM nelle sue dichiarazioni inviate a tutti i Comuni nello scorso aprile, andando a rivalutare i pagamenti dovuti per il periodo 2021 – 2024, quando TIM era la proprietaria della rete.
Come applicare il canone per il periodo 2021 – 2024
In questo periodo, valutata la norma di riferimento prevista dall’articolo 1, comma 831, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, così come modificato dall’articolo 1, comma 848, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e all’articolo 5, comma 14-quinquies del Dl 21 ottobre 2021, n. 146, e considerata la posizione di TIM quale concessionaria dell’occupazione di suolo pubblico per l’infrastruttura di sua proprietà, possiamo, seguendo la stessa logica dichiarata da TIM con la comunicazione per il 2025, ricondurre il pagamento del Cup interamente a carico della stessa società ex monopolista, valutando le altre compagnie presenti sul mercato, solo come aziende di telecomunicazioni che si collegano alla rete acquistando, usando le parole di TIM, servizi virtuali di rete che, come pacifico, non configurano alcuna occupazione, nemmeno mediata, del suolo pubblico.
Adottando questa linea applicativa, che lo ribadiamo prende spunto dalla stessa dichiarazione di TIM, per le annualità 2021, 2022, 2023 e 2024, si dovrà procedere a richiedere alla stessa società il pagamento per le quote di canone non versato e corrispondenti a quella fetta di mercato telefonico non raggiunta dai suoi servizi. Nei primi quattro anni TIM ha provveduto infatti a liquidare a favore di comuni e province, il solo canone calcolato sulle proprie utenze attive al 31 dicembre, provocando di fatto una costante e inesorabile emorragia di gettito, proporzionale alla riduzione della propria quota di mercato, andata via via a favore delle concorrenti Vodafone, WindTre, Fastweb, Tiscali, Sky Italia ed agli operatori presenti sul mercato nazionale della rete fissa e internet.
Vediamo quindi come calcolare il canone da recuperare per questo specifico periodo, considerando che TIM, come da osservatorio delle telecomunicazioni pubblicato trimestralmente da Agcom, possedeva le seguenti quote di mercato al 31 dicembre di ciascun anno: per il 2021 il 44,7%; per il 2022 il 43,2%; per il 2023 il 41,9%; per il 2024 il 39,7%. Potremo pertanto richiedere, a mezzo avviso di accertamento (comma 792 legge 160/2019, la differenza di canone non versato utile per raggiungere il 100% delle utenze attive nei rispettivi territori di competenza e per ciascun anno di riferimento. In questo modo procederemo a recuperare, ad esempio per il 2021, la quota corrispondente al 55,3% rispetto al versato da parte di TIM.
In alternativa, ovvero se si ritenesse errata l’attuale interpretazione adottata da TIM, si dovrebbe sconfessare il criterio contenuto nella dichiarazione 2025 dando invece valore e sostanza al principio della soggettività passiva in via mediata, che ricordiamo fu voluta e introdotta dallo stesso legislatore nella disciplina del comma 831, dopo l’esperienza e la giurisprudenza formatasi con i precedenti prelievi Tosap e Cosap. Riconoscendo l’applicabilità della soggettività passiva mediata nel settore delle telecomunicazioni, caratterizzato proprio dalla condivisione delle moderne reti grazie a collegamenti tecnologici, il pagamento della TIM eseguito per il periodo 2021 – 2024, sarebbe valutato come corretto in quanto calcolato sulle proprie utenze attive, mentre si dovrebbero attivare le procedure di recupero per le altre utenze attive gestite, rivolgendo le richieste di pagamento ai diversi competitors presenti nel mercato che raggiungono i propri clienti finali grazie proprio a collegamenti, fisici o virtuali, alla rete.
Come applicare il Canone a partire dal 2025
Le riflessioni fatte per valutare il corretto pagamento del canone per il periodo 2021 – 2024, non possono stravolgersi nel calcolare il 2025, primo anno dopo la vendita della rete da parte di TIM. Dovranno certamente tenere conto del grande cambiamento che rappresenta la cessione della rete, rimanendo tuttavia coerenti con l’interpretazione della norma.
In questo senso stupisce la dichiarazione di TIM. Oggi che non è più titolare dell’infrastruttura dichiara che non c’è occupazione, neppure in via mediata del suolo pubblico e che le società di vendita che utilizzano collegamenti virtuali non possono essere soggette al pagamento in base al numero delle utenze attive. Come mai questa interpretazione non è stata messa in opera nel periodo 2021 – 2024 quando era concessionaria della rete? Se è vero che oggi TIM non deve versare in base alle utenze attive, allora nei primi 4 anni avrebbe dovuto versare per tutte le utenze attive, comprese quelle gestite dalle compagnie concorrenti che utilizzavano la rete TIM grazie ai collegamenti virtuali. Invece, e i dati di incasso dei Comuni lo evidenziano, TIM ha versato ogni anno solo in base alla propria quota di mercato, riversando nelle casse dei Comuni e delle Province un gettito, via via sempre più ridotto.
In realtà si ritiene che la corretta interpretazione della norma, comporti, nel solo settore della telefonia, l’applicazione della soggettività passiva in via mediata, chiamando tutti gli operatori telefonici a versare il canone in base al proprio numero di utenze, o in subordine, vista la novità della vendita della rete a favore di una società che a differenza di TIM non ha rapporto diretto con l’utenza finale, potrebbe, a partire dal 2025 e non prima, applicarsi il criterio previsto nella norma di interpretazione autentica già in uso nei settori del Gas e dell’Energia elettrica, vedendo quindi come unico soggetto passivo il titolare della rete (FiberCop) che dovrebbe pagare il canone sulla base della somma delle utenze di tutte le società addette alla vendita.
Impossibile ipotizzare scenari diversi, o si applica il principio della soggettività passiva in via mediata o il criterio fissato nella norma di interpretazione autentica, nessuna altra interpretazione può essere accettata, salvo voler assecondare tentativi elusivi del canone a danno degli Enti Locali.
(*) Docente Anutel
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