Appalti

Concessioni, nel nuovo codice focus sul rischio operativo e niente proroghe

La riforma appalti riordina la disciplina del Ppp facendo chiarezza sui vari modi in cui è possibile coinvolgere i privati

di Roberto Mangani

Lo schema del nuovo Codice dei contratti pubblici innova in maniera significativa la disciplina in materia di partenariato pubblico-privato (Ppp), sia con riferimento all'impostazione sistematica che alle specifiche disposizioni.
Sotto il primo profilo, vengono dettate nella Parte I del Libro IV (articoli 174 e 175) alcune disposizioni che recuperano, con adeguate modifiche, previsioni ad oggi collocate all'articolo 180 del Dlgs 50/2016, nell'ambito della disciplina delle concessioni. Scelta che appare opportuna, perché riporta in apertura i principi che valgono per tutte le forme di partenariato pubblico- privato, a prescindere dallo strumento contrattuale attraverso cui le stesse trovano attuazione.

Tali disposizioni peraltro riprendono solo in parte quelle ad oggi contenute nell'articolo 180 del Dlgs 50. Infatti, molte di tali ultime disposizioni (relative ad esempio al rischio operativo e all'equilibrio economico-finanziario) si ritrovano più correttamente inserite nella disciplina sulle concessioni.

I principi generali del Ppp
L'articolo 174, comma 1 definisce le operazioni di partenariato pubblico privato con riferimento a quattro condizioni, che devono sussistere contestualmente:

a)esistenza di un rapporto contrattuale di lungo periodo finalizzato al perseguimento di un interesse pubblico;
b)fabbisogno finanziario coperto in misura significativa dall'operatore privato, che coerentemente deve assumere il relativo rischio operativo;
c)realizzazione e gestione dell'iniziativa in capo all'operatore privato, mentre all'ente pubblico spetta il compito di definire gli obiettivi e di verificarne l'attuazione;
d)rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori e alla gestione del servizio in capo all'operatore privato (esplicitando un concetto già contenuto nella lettera b).

L'insieme di queste condizioni indica chiaramente che nelle operazioni di Ppp il ruolo fondamentale è demandato al privato, che deve partecipare al reperimento delle risorse finanziarie, realizzare e gestire l'iniziativa e assumerne il rischio operativo. Va peraltro evidenziato che in relazione al primo punto, relativo alla copertura dei fabbisogni finanziari, la norma si limita a prevedere che la stessa faccia capo al privato "in misura significativa", senza tuttavia operare alcuna quantificazione che esprima tale concetto di significatività. Il comma 2 definisce invece i soggetti pubblici che possono assumere il ruolo di ente concedente, facendo riferimento alle nozioni comunitarie di amministrazioni aggiudicatrici e enti aggiudicatori, come definite dalla Direttiva 2014/23 in materia di concessioni. Si tratta sostanzialmente di tutte le pubbliche amministrazioni tradizionali nonché degli enti committenti che operano nei settori speciali. L'unica condizione è che tali soggetti per poter affidare concessioni o più in generale promuovere iniziative di Ppp devono essere qualificati, cioè iscritte nel relativo elenco ai sensi dell'articolo 63 del nuovo Codice (comma 5).

Infine, l'articolo 174 delinea la differenza tra Ppp contrattuale e Ppp istituzionale. Il primo trova espressione in diverse figure contrattuali: concessione, locazione finanziaria, contratto di disponibilità. Ma accanto a questa elencazione di figure tipiche vi è anche un rinvio a contratti diversi e non tipizzati, che si caratterizzano per il fatto di rispondere a tutti i requisiti indicati al precedente comma 1. Anche se non è agevole immaginare quali altri tipi di contratti possano essere utilizzati per attuare un'operazione di Ppp.

Programmazione e valutazione preliminare
Sotto questo profilo vi è una novità sostanziale. È infatti previsto (articolo 175, comma 1) che le pubbliche amministrazioni – ma non gli enti committenti operanti nei settori speciali – adottino un programma triennale ad hoc, in cui siano indicate le esigenze pubbliche che possono essere soddisfatte attraverso operazioni di Ppp. A questo programma triennale si affianca la valutazione preliminare di fattibilità e convenienza delle singole operazioni (comma 2). Anche se non è ben chiaro se tale valutazione debba necessariamente precedere l'inserimento nel programma triennale – come sembrerebbe logico – ovvero possa intervenire anche in un momento successivo, al fine di dare concretamente avvio all'operazione di Ppp già inserita nel programma triennale.

La valutazione preliminare è destinata a verificare l'idoneità del progetto ad essere finanziato con risorse private, nonché a ottimizzare il rapporto tra costi e benefici e a indicare la corretta allocazione del rischio operativo. Inoltre deve verificare la capacità di indebitamento dell'ente concedente e la relativa disponibilità di risorse nel bilancio pluriennale. Nel caso di progetti di interesse statale o finanziati con contributo a carico dello Stato di importo superiore a 10 milioni di euro è previsto che la valutazione preventiva sia sottoposta al parere preventivo, ancorchè non vincolante, del Dipe-Presidenza del Consiglio di Ministri e della Ragioneria generale dello Stato-Mef (comma 3).

Sempre nell'ambito delle disposizioni di carattere organizzativo, è prevista la nomina di un Rup (comma 5) nonché il monitoraggio di tutte le iniziative di Ppp, sempre da parte del Dipe e della Ragioneria (comma 7).

La concessione
La disciplina dei contratti di concessione – che rappresentano la figura tipica di attuazione delle operazioni di Ppp – è contenuta agli articoli da 176 a 195, componendosi di diverse parti: principi generali, procedure di aggiudicazione, esecuzione, finanza di progetto.

Lo schema del nuovo Codice compie una meritoria opera di razionalizzazione e semplificazione, introducendo una disciplina certamente più ordinata e sistematica rispetto a quella attualmente contenuta nel Dlgs 50.

Per ciò che concerne i principi generali, soffermandoci sulle disposizioni di maggiore rilievo assume un valore centrale la nozione di rischio operativo, che definisce la natura stessa della concessione. Secondo la previsione dell'articolo 177, comma 1, elemento connaturato alla concessione è il trasferimento al concessionario del rischio operativo legato alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi. Il rischio operativo si può declinare secondo una triplice modalità: dal lato della domanda, dal lato dell'offerta o da entrambi.

La distinzione tra rischio relativo alla domanda e rischio relativo all'offerta trova una più compita comprensione alla luce delle previsioni contenute al comma 4. Il rischio dal lato della domanda è definito come quello associato alla domanda effettiva di lavori e servizi oggetto della concessione (comma 2). Il successivo comma 4 fa riferimento, per identificare questa fattispecie, all'ipotesi in cui l'ente concedente non prevede la corresponsione di alcun corrispettivo in denaro a titolo di prezzo, cosicchè il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dal concessionario dipende esclusivamente dalla domanda dei beni o dei servizi offerti.

Il rischio dal lato dell'offerta è invece definito come quello associato all'offerta dei lavori o servizi oggetto della concessione, con particolare riferimento all'ipotesi in cui i servizi offerti non corrispondano al livello qualitativo e quantitativo dedotto in contratto (comma 2). Anche in questo caso il successivo comma 4 offre una chiave di lettura che consente di meglio comprendere la nozione. Viene infatti previsto che nelle concessioni connotate da tale rischio è prevista l'erogazione di un corrispettivo da parte dell'ente concedente, e tuttavia il rischio consiste nel fatto che tale corrispettivo viene erogato solo a fronte della disponibilità dell'opera e deve comunque essere accompagnato da un sistema di penali che lo riduca o lo annulli in caso di ridotta o mancata disponibilità dell'opera o prestazione di servizi, o comunque in caso di mancato raggiungimento dei livelli qualitativi e quantitativi della prestazione del concessionario.

In sostanza, la differenziazione tra rischio dal lato della domanda e rischio dal lato della offerta sembra riprodurre la più tradizionale distinzione tra opere calde e opere fredde. Le prime si connotano in quanto il concessionario ricava i suoi proventi esclusivamente dai canoni versati dagli utenti per l'utilizzo dell'infrastruttura o del servizio. Le seconde prevedono invece che sia lo stesso ente concedente a versare un corrispettivo per l'utilizzo dell'opera o per fruire del servizio, sia pure con i correttivi sopra indicati.Ovviamente le due tipologie di rischio possono coesistere in una stessa concessione, nel senso che il concessionario potrà conseguire i suoi ricavi sia dal mercato che dal corrispettivo versato dall'ente concedente. In entrambi i casi, l'assunzione del rischio operativo comporta che il concessionario non deve avere alcuna garanzia sull'effettivo recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti. Il concessionario deve quindi sopportare una effettiva esposizione alle fluttuazioni del mercato cosicchè le eventuali perdite subite dallo stesso non devono essere puramente nominali o trascurabili (comma 2). È comunque prevista la possibilità che, nel caso l'operazione oggetto di concessione non sia in grado di conseguire in via autonoma un equilibrio economico- finanziario – inteso come capacità dei ricavi attesi di coprire i costi di investimento e di remunerare il capitale di rischio – vi sia un intervento pubblico di sostegno (comma 6). Tale intervento pubblico – che potrebbe astrattamente riguardare sia le opere calde che le opere fredde – può consistere in un contributo finanziario, nella prestazione di garanzie o nella cessione in proprietà di beni immobili. Tale intervento non deve comunque evitare al concessionario qualunque perdita potenziale, poiché in tal caso la concessione diverrebbe un appalto e andrebbe disciplinata come tale. Tuttavia, al di là di questi limiti concettuali, non viene indicato – diversamente da quanto previsto nella disciplina vigente - un limite quantitativo massimo all'intervento pubblico.

Durata
Non vi è una durata massima della concessione stabilita in via legislativa. In base all'articolo 178 la durata deve essere commisurata al periodo di tempo in cui appare ragionevole che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati e abbia un ritorno sul capitale investito. Tale durata deve essere indicata nei documenti di gara e non è prorogabile.

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