Dall’imposta di soggiorno un aiuto alla copertura dei costi del servizio rifiuti
Da quest’anno la copertura dei costi del servizio rifiuti potrà essere garantita anche mediante le somme incassate a titolo di imposta di soggiorno. È questa la novità contenuta nel comma 493 del primo articolo della legge di bilancio per il 2024.
La norma potrà essere di ausilio ai Comuni, in particolare a quelli ad elevata presenza turistica, per calmierare i rincari della Tari tenuto conto del trend crescente dei costi da inserire nei piani finanziari dell’anno appena iniziato. In quest’ultimo, infatti, si scaricheranno gli effetti della dinamica inflazionistica registratasi nel 2022 (l’anno a-2 secondo il metodo tariffario), dell’incremento dei tassi di aggiornamento monetario e della determina Arera n. 1/2023 che consente ai gestori il recupero dell’aumento dovuto all’inflazione 2023.
In sostanza, le prospettive per i valori complessivi dei Pef 2024 non sono rosee ed i Comuni, in assenza di improbabili interventi di efficientamento e recupero di produttività, si attendono di dover approvare tariffe Tari unitarie in deciso incremento. Alle stesse, poi, si aggiungeranno le componenti perequative per recupero dei rifiuti in mare e per eventi eccezionali e calamitosi (in totale 1,60 euro a utenza) con ulteriore carico sui contribuenti.
Peraltro, il vigente obbligo legislativo di copertura integrale dei costi contenuti nei piani finanziari predisposti dai gestori e validati dagli enti territorialmente competenti (Ato o gli stessi Comuni in relazione alle normative regionali vigenti), unito all’applicazione del metodo tariffario imposto da Arera, lascia ben pochi spazi agli enti per operazioni di contenimento della progressione tariffaria. In sostanza, secondo le indicazioni del metodo dettato dall’Autorità nazionale (MTR-2) le voci in riduzione dal Pef sulle quali il Comune può agire sono limitate ai proventi da recupero evasione per omessa o infedele dichiarazione Tari, da procedure sanzionatorie in materia di rifiuti, e poco altro. È ben vero che i Comuni, in sede di approvazione delle tariffe, possono fare ricorso alla facoltà di introdurre a favore dei contribuenti specifiche riduzioni, cosiddette “atipiche”, con finanziamento a carico del proprio bilancio, ma in tal caso le agevolazioni devono essere selettive (quindi destinate ad alcune categorie specifiche di soggetti da individuarsi ad esempio mediante bandi). È da escludere la possibilità di finanziare con risorse proprie riduzioni generalizzate (ad esempio per tutte le utenze domestiche o non domestiche) in quanto ciò risulterebbe in contrasto con il principio della copertura integrale del costo del servizio rifiuti mediante le risorse derivanti dalla tassa.
In tale (problematico) contesto si inserisce la novità della legge di bilancio (Legge 213/2023). La nuova norma introdotta con il comma 493 estende il vincolo di destinazione del gettito dell’imposta di soggiorno al finanziamento dei «costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento rifiuti». Fino a ora era possibile utilizzare tale gettito esclusivamente per interventi in materia di turismo, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali, nonché per i relativi servizi pubblici locali.
Evidentemente, la disposizione adesso introdotta ha una sua ratio precisa, ovvero quella di riconoscere che la consistente presenza di turisti in una determinata località comporta direttamente o indirettamente un incremento quantitativo dei rifiuti prodotti e conseguentemente dei costi per la raccolta, spazzamento e trattamento degli stessi. Alla copertura dei citati costi vengono adesso chiamati a concorrere anche i soggiornanti temporanei. In questo modo il legislatore allinea la disciplina del tributo a quella del contributo di sbarco, attivabile in alternativa all’imposta di soggiorno dai Comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori oppure nel cui territorio insistono isole minori, per il quale il gettito era già destinato a finanziare (anche) gli interventi di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Nella pratica, le amministrazioni comunali potranno adesso decidere di destinare una quota, più o meno rilevante, del gettito dell’imposta di soggiorno alla riduzione dei costi risultanti dal Pef e quindi al contenimento delle tariffe della TARI. Al momento non è chiaro se la riduzione dei costi debba essere operato a monte, ovvero con una specifica voce da inserire nel tool di calcolo per la formazione del piano finanziario, oppure a valle cioè con un abbattimento successivo del costo come risultante dallo stesso piano. In ogni caso l’operazione appare di un certo interesse per le località a forte tasso turistico.
Nessun effetto si produce invece per tutti quegli enti locali che hanno deciso di non istituire l’imposta di soggiorno o che, per disposizione di legge, non sono abilitati alla sua applicazione.
(*) Presidente comitato Anutel Toscana
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