Delega appalti con poca innovazione: 21 criteri su 31 già previsti nel testo del 2016
Gold plating, qualificazione Pa e imprese, aiuti alle Pmi,clausole sociali e freno ai ricorsi: tutto già scritto (ma inattuato) sei anni fa. Revisione prezzi e (minor) ruolo Anac le novità più forti
Forse questa volta arriverà davvero la rivoluzione del mondo degli appalti che il mercato invoca e attende da un tempo indefinito. Nulla si può dare per scontato. Se accadrà, però, probabilmente non sarà grazie alla forza innovativa del disegno di legge con cui il Parlamento intende guidare la riforma che dovrà scrivere il governo (con il contributo decisivo del Consiglio di Stato, questa sì una novità). Ben 21 dei 31 criteri direttivi presenti nel Ddl approvato dalla Camera erano infatti già presenti nel testo della delega del 2016 (legge n.11/2016). Non si tratta di aspetti marginali, ma di punti considerati cruciali per rinnovare il sistema. Molti sono rimasti inattuati. E chissà se stavolta sarà diverso.
C'era già nel 2016, per esempio, il divieto di «gold plating», cioè il no a paletti, requisiti e procedure ulteriori rispetti a quelli minimi imposti delle direttive europee. Poi sappiamo come è andata. Un codice di 220 articoli e 25 allegati, seguito da una lunga coda di linee guida e altri provvedimenti attuativi. Un certo numero dei quali rimasti sulla carta. Mettendo a confronto i 31 criteri presenti nella nuova delega con quelli (ben 72 )della vecchia legge (esercizio riassunto in questa tabella) si scopre che molte delle misure sbandierate come grandi novità in queste ore sono solo un déjà vu.
È sicuramente un grande classico la qualificazione delle stazioni appaltanti. Vasto programma osteggiato dagli enti che perderebbero la facoltà (e il potere) di gestirsi in casa gare e fondi. L'obiettivo era già delineato nella legge del 2016. Torna ora: si vedrà se avrà miglior fortuna. Anche la clausola sociale, di cui si è discusso molto in questi giorni, non è per nulla una novità. Cosi come gli obiettivi di aiutare le Pmi chiedendo alle stazioni appaltanti di suddividere gli appalti in lotti, semplificare i piccoli appalti sottosoglia, frenare la vocazione delle imprese ai ricorsi attraverso, «metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto» (il virgolettato ritorna identico in entrambe le versioni della delega). Condivisi tra le due deleghe sono anche gli obiettivi delle tutela dell'ambiente, la revisione del sistema di qualificazione delle imprese (che nel 2016 prevedeva anche il rating di impresa rimasto lettera morta), la razionalizzazione del sistema delle garanzie e il no al massimo ribasso.
Non tutto però è un film già visto. Una novità forte della delega approvata dalla Camera è il ritorno della revisione prezzi negli appalti. Innovazione imposta dalla ricorsa al fenomeno del caro-materiali degli ultimi mesi. Altra novità è l'invito a ridurre i livelli di progettazione e individuare i casi di applicazione dell'appalto integrato, mentre il vecchio codice semplicemente vietava l'affidamento congiunto di progetto e lavori (divieto in realtà durato lo spazio di qualche mese).
Fa discutere il no ai bandi gratis per le prestazioni professionali (il Ddl dice: salvo in casi eccezionali e ben motivati) che a ben guardare più che un divieto sembra un'apertura. E anche l'invito a rafforzare il ruolo dell'Autorità Anticorruzione si presta a interpretazioni. La delega del 2016 ruotava intorno ai compiti affidati all'Anac di Raffaele Cantone, che infatti in quella legge era citata ben 19 volte, contro le sole due del testo che ora dovrà essere esaminato dal Senato. Sarà vero rafforzamento, dopo il flop della «soft law» (e il rientro in grande stile del Consiglio di Stato)? È lecito dubitarne.
Ma la rappresentazione plastica del rischio che molti obiettivi, per quanto nobili e inseguiti da anni, dipendano non tanto dai criteri scritti nella delega - sbandierati come fossero traguardi già raggiunti nei commenti del giorno dopo - ma dalla loro trasposizione concreta nelle leggi di riforma e di attuazione, si ritrova guardando che fine ha fatto un altro "principe" dei criteri direttivi emanati nel 2016: sua maestà l'inderogabilità del codice, con procedure che - si diceva allora - sarebbero dovute rimanere immutabili anche di fronte alle più straordinarie emergenze (che ne so, magari una pandemia), mandando definitivamente in pensione la stagione dei commissari.
Stazioni appaltanti super-qualificate e zero deroghe. Come no? Ce ne siamo accorti tutti.