I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Enti alla prova della tariffa del canone per i mercati

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di Alessandro Merciari (*) - Rubrica a cura di Anutel

Tra le novità che devono essere affrontate dagli enti locali nel 2021 c'è l'istituzione del nuovo canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi destinati a mercati, realizzati anche in strutture attrezzate. Il nuovo canone è stato introdotto con il comma 837 della legge finanziaria 2020 e segue la disciplina del canone unico patrimoniale istituito con il precedente comma 816 per tutte le altre tipologie di occupazioni ed esposizioni pubblicitarie. I due canoni a prima vista appaiano molto simili, tanto da interrogarsi sulla necessità di mantenerli separati. Tuttavia l'impostazione voluta dal legislatore è profondamente diversa.

Tra le caratteristiche principali del canone mercatale, oltre all'interessante accorpamento di quella che era l'entrata per l'occupazione del suolo pubblico e la tassa sui rifiuti, c'è quella legata alla determinazione della tariffa.

È significativa infatti la differenza tra i diversi commi dedicati alla definizione della tariffa base. Mentre per il canone unico i commi 826 e 827 stabiliscono le tariffe annuali e giornaliere specificando che i singoli enti locali potranno comunque modificarle per garantire l'invarianza di gettito e permettere di mantenere inalterati gli equilibri finanziari del proprio bilancio, per il canone mercatale, i commi 841 e 842, definiscono invece le tariffe base senza prevedere la possibilità di modifica da parte degli enti beneficiari, se non in misura massima del 25 per cento. Di fatto con questa disposizione si vogliono creare delle tariffe di mercato omogenee per classe di Comune, togliendo così alle singole amministrazioni la possibilità di applicare il prelievo nella misura più adeguata al proprio territorio. C'è anche chi ipotizza la violazione dell'articolo 119 della Costituzione da parte dello Stato, laddove la riforma introdotta intacchi la provvista economico-finanziaria sulla quale possono contare gli enti locali al fine di garantire l'esercizio delle proprie funzioni e dei servizi pubblici.

In aggiunta alla rigidità della tariffa base troviamo altre regole vincolanti dettate dal comma 843 che prevede criteri tariffari che vanno a inibire ogni velleità di autonomia regolamentare da parte dei Comuni. Nel disposto normativo viene imposto un frazionamento della tariffa giornaliera con calcolo a ore che dovrà rispettare un criterio di gradualità per occupazioni fino a 9 ore giornaliere e viene per di più imposta l'applicazione di una riduzione, che potrà variare tra il 30 e il 40 per cento del dovuto, per le occupazioni che si realizzano a carattere ricorrente e con cadenza settimanale. Un mix di imposizioni che di fatto limitano pesantemente la potestà dei Comuni, andando anche a vanificare quel margine di aumento del 25 per cento consentito.

Questi vincoli oggi stanno creando evidenti problematiche agli uffici entrate dei Comuni che devono ridefinire le tariffe applicate fino al 2020 all'interno di questo rigido cerchio tracciato dal legislatore. Difficile tra l'altro dare concretezza alla varie disposizioni, a partire dal quel frazionamento orario, che potrà essere marginato solo con una suddivisione minima calcolata in noni sulla tariffa giornaliera, evitando una improbabile divisione in ventiquattresimi, che risulterebbe misura insostenibile per qualunque Comune.

La rigidità voluta nella costruzione tariffaria ha portato così diversi Comuni alla decisione di dirottare molte fattispecie riconducibili al mondo del commercio ambulante, nel canone principale, dove, come detto, non vi sono paletti da rispettare nella costruzione dell'impianto tariffario. Così che le fiere, le manifestazioni, ma anche i posteggi sparsi e gli ambulanti itineranti verranno gestiti a livello di canone unico con coefficienti adeguati per garantire quella parità di gettito così preziosa per le entrate degli enti locali. Del resto questa scelta, per certi versi quasi obbligata, ha il giusto supporto giuridico, individuato nello stesso comma 837 che prevede l'applicazione del nuovo canone solo per le aree destinate a mercato. Questa dizione fa sì che, tutto ciò che letteralmente non è inquadrato come mercato, potrà legittimamente essere gestito diversamente.

Cosa ha portato il legislatore a decidere di disciplinare, in modo così profondamente diverso, l'occupazione realizzata in occasione di mercati rispetto a tutte le altre iniziative che insistono nei territori di Comuni, Province e Città Metropolitane? Davvero difficile capirlo, perché in fondo si tratta del medesimo presupposto legato allo sfruttamento di spazi e aree pubbliche appartenenti al demanio e al patrimonio indisponibile degli enti. Dall'analisi della rigida impostazione tariffaria, si può ipotizzare proprio una volontà di mantenere contenuto il prelievo per le occupazioni nei mercati cittadini, in palese contrasto con la potestà e l'autonomia riconosciuta agli enti locali in materia di proprie entrate. Si è voluto probabilmente realizzare ancora una volta una forma di tutela per la categoria degli ambulanti che, a differenza di altri operatori economici, ha ricevuto già ripetuti e importanti aiuti anche in occasione dei recenti decreti emergenziali legati alla pandemia.

(*) Docente Anutel

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