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Esenzione Imu enti non commerciali: i chiarimenti del ministero

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di Stefano Baldoni (*) – Rubrica a cura di Anutel

Il ministero dell’Economia e delle finanze ha fornito degli importanti chiarimenti sull’applicazione delle disposizioni interpretative introdotte dalla legge di bilancio 2024, relative all’esenzione Imu per gli enti non commerciali.

L’articolo 1, comma 71, della legge 213/2023 è intervenuto sull’applicazione dell’esenzione nel caso in cui l’immobile non sia direttamente utilizzato dall’ente non commerciale possessore, ma concesso in comodato e nel caso di mancato utilizzo temporaneo dell’immobile.

Le disposizioni interpretano la norma della lettera g) del comma 659 dell’articolo 1 della legge 160/2019, in base alla quale sono esenti dall’imposta gli immobili posseduti e direttamente utilizzati da parte di un ente non commerciale (articolo 73, comma 1, lettera c), del Dpr 917/1986), per lo svolgimento di una delle attività agevolate previste dalla norma, con modalità non commerciali. Come detto, le disposizioni sanciscono una lettura retroattiva della norma, incidendo quindi anche sui rapporti giuridici passati, purché ancora aperti. Inoltre, le norme riguardano non solo la lettera g) del comma 759, ma anche le norme richiamate o sostituite dal medesimo comma (come l’articolo 7, comma 1, lettera i, del Dlgs 504/1992, vigente fino al 2019).

Le norme interpretative solo due. La prima riguarda, come accennato, la fattispecie in cui l’immobile sia concesso in comodato ad altro ente non commerciale funzionalmente o strutturalmente collegato all’ente concedente, a condizione che quest’ultimo utilizzi l’immobile esclusivamente per lo svolgimento di un’attività agevolata con modalità non commerciali. La circolare del ministero dell’Economia e delle finanze n. 2/df del 16/07/2024 ha chiarito quando un ente si può ritenere funzionalmente o strutturalmente collegato all’ente concedente. Per quanto riguarda la nozione di collegamento funzionale occorre richiamare, a parere del Ministero, le pronunce della Corte di Cassazione alla luce delle quali lo stesso sussiste quando le attività svolte dal comodatario nell’immobile rientrino nel novero di quelle agevolate, esercitate con modalità non commerciali, e che siano nel contempo accessorie o integrative rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante, ponendosi con le finalità istituzionali di quest’ultimo in rapporto di stretta strumentalità. Il nesso di strumentalità sussiste quando l’attività non commerciale svolta nell’immobile concesso in comodato sia legata alle finalità e alle attività istituzionali del concedente e risulti coerente e funzionale rispetto agli scopi dell’ente concedente. Ne sono esempi il caso di un ente che svolge attività didattiche, con modalità non commerciali, che conceda in comodato un immobile ad altro ente non commerciale per svolgere attività didattiche o assistenziali ricomprese tra quelle agevolate e funzionali a quella didattica del concedente (ad esempio il doposcuola, attività assistenziale per particolari categorie di studenti, eccetera). oppure quello di un ente non commerciale che svolge attività sanitaria non commerciale che conceda un immobile in comodato a un altro ente che si occupa dell’ospitalità (con modalità non commerciali) in favore dei familiari dei pazienti o del personale sanitario. In questi casi è importante che il contratto di comodato, eventualmente redatto in forma scritta, specifichi le attività per le quali l’immobile è concesso in comodato, evidenziando il collegamento funzionale rispetto alle attività e finalità istituzionali del concedente.

Il rapporto di collegamento strutturale nasce invece allorquando l’ente non commerciale comodatario appartenga alla stessa struttura dell’ente concedente; ciò accade, ad esempio, nel caso di un ente religioso che concede in comodato un immobile ad una fondazione dalla stessa costituita per il perseguimento delle proprie attività assistenziali e di beneficenza. Anche in questa ipotesi il Ministero ha richiamato precedenti arresti della Corte di Cassazione (pronunce 6795/2020; 12539/2021; 4953/2023). In generale questo collegamento sussiste quando l’ente concedente controlla l’ente comodante.

Per quanto attiene alla seconda norma interpretativa del comma 71, essa ha specificato che è irrilevante, ai fini dell’esenzione, il mancato esercizio attuale delle attività agevolate, purché lo stesso non determini la cessazione della strumentalità. Anche in questo caso il Ministero fa riferimento a quanto affermato dalla Suprema Corte (pronuncia n. 27242/2022), in base alla quale non ogni mancato utilizzo è capace di escludere il diritto al trattamento agevolato, ma solo quello che sia indizio di un mutamento della destinazione o della cessazione della strumentalità dello stesso. Quindi l’inutilizzo temporaneo dell’immobile non rileva, salvo che non comporti il venir meno del carattere strumentale dell’immobile rispetto alle attività cui era destinata. Il Ministero ricorda che, alla luce dell’insegnamento della Corte di Cassazione, la norma ha dato rilievo alla temporaneità dell’inutilizzo e che solo quello che comporta il mutamento della destinazione o della cessazione del rapporto di strumentalità rispetto all’utilizzazione determina la cessazione dell’agevolazione.

(*) Vicepresidente Anutel

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