Fisco e contabilità

Fondi Ue, intesa da 43 miliardi

Governo pronto a inviare l’Accordo 2021-27 a Bruxelles ma deve anche trasmettere tutti i singoli programmi entro metà luglio. Modifiche sui progetti per sicurezza e assunzioni Pa

di Giuseppe Chiellino e Carmine Fotina

A maggio era finito nelle Raccomandazioni della Commissione europea al nostro governo, con la sollecitazione a chiudere in fretta il dossier: ora l’Accordo di partenariato sui fondi Ue 2021-27, dopo le ultime modiche, è pronto per la trasmissione ufficiale a Bruxelles. L’Accordo definisce lo schema di utilizzo di circa 43 miliardi di fondi strutturali cui si aggiunge il cofinanziamento nazionale per un totale di quasi 76 miliardi. Il negoziato con la Ue doveva concludersi entro metà maggio, ma una serie di obiezioni sollevate da Bruxelles hanno costretto ai tempi supplementari. In queste ore, ad esempio, sarà inserito un riferimento stringente al raccordo dei sistemi di monitoraggio dei fondi strutturali 2021-27 con quelli del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Non basta tuttavia. La Commissione, infatti, chiede anche la notifica in tempi brevi di tutti i singoli Programmi nazionali (Pon) e regionali (Por) che compongono l’Accordo e alcuni (soprattutto dei Pon) mancano ancora all’appello. Entro il 20 giugno dovrebbero essere trasmessi due dei tre gestiti dall’Agenzia per la coesione territoriale, cioè il Pon Metro che riguarda le città e il Just transition fund con gli interventi ambientali per le aree di Taranto e del Sulcis. Successivamente, e comunque entro la scadenza di metà luglio fissata da Bruxelles, dovrebbe toccare al Pon Capacità per la coesione per il quale la Commissione ha chiesto ancora delle integrazioni sui criteri per individuare le assunzioni dei dipendenti della Pubblica amministrazione. Proprio la capacità amministrativa, principale punto debole italiano nella gestione dei fondi europei, è stato uno dei punti dell’Accordo su cui più insistenti sono state le richieste della Commissione europea

Gli altri programmi sollecitati dalla Ue sono Sicurezza e Legalità, Salute, Inclusione e lotta alla povertà e Giovani, donne e lavoro e il Por Umbria per la parte relativa al fondo sociale europeo (Fse).

Fondi tagliati al Pon legalità

Il Pon Legalità e sicurezza è stato a lungo il punto più controverso del negoziato, il suo inserimento nell’Accordo è stato infatti criticato dai funzionari Ue soprattutto per il finanziamento dei sistemi di videosorveglianza. Un intervento, questo, che Bruxelles non ritiene “strutturale” come dovrebbero essere i progetti finanziati dalla politica di coesione. Inoltre, il Pon Legalità, gestito dal ministero dell’Interno, nel periodo 2014-2020 è quello che ha fatto più fatica a spendere le risorse. A ciò si aggiunga il fatto che alle politiche del ministero dell’Interno sono destinati più di 10 miliardi del Pnrr. Per tutte queste ragioni la Dg Regio avrebbe voluto che il Pon legalità fosse cancellato per il 2021-2027. Il compromesso finale è stato un drastico taglio delle risorse Ue, dai 350 milioni iniziali a 200, per finanziare solo la parte hardware dei sistemi di informatizzazione a livello centrale, mentre le applicazioni territoriali, ad esempio per parchi regionali, Zone economiche speciali e aree urbane maggiormente a rischio, saranno coperte con un fondi nazionali attraverso un Poc (Programma operativo complementare). Quanto ai tempi, tutti i singoli programmi - rassicurano dagli uffici del ministro del Sud Mara Carfagna e del Dipartimento per le politiche di coesione - saranno trasmessi entro il 19 luglio, data in cui è prevista la visita in Italia della commissaria per le Politiche regionali, Elisa Ferreira, e nella quale sarà formalizzato il via libera all’Accordo di partenariato.

All’appello manca RePowerEu

L’ultima annotazione riguarda la possibilità di dirottare il 12,5% della dote dei fondi strutturali al programma per l’autonomia energetica RePowerEu appena varato dalla Commissione europea. Per l’Italia può valere oltre 5 miliardi di euro ma per il momento non se ne fa nulla: nel testo dell’Accordo, infatti, non se ne fa menzione e se, dopo le modifiche dei regolamenti Ue, il governo decidesse di procedere, occorrerebbe, modificare anche l’Accordo di partenariato che tanta fatica è costato, con ricadute anche sui singoli programmi operativi. Uno scenario considerato del tutto inverosimile, per l’Italia ma anche per gli altri Stati membri.

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