Il dipendente pubblico in aspettativa che si dimette dal proprio posto di lavoro non deve a dare il preavviso
Vanno monetizzate le ferie non godute, anche non richieste, nel caso in cui l'ente non lo ha messo in condizione di goderne
Un dipendente pubblico in aspettativa che si dimette dal proprio posto di lavoro non è tenuto a dare il preavviso. Al dipendente che cessa vanno monetizzate le ferie non godute, anche se non le aveva richieste nel caso in cui l'ente non lo ha messo in condizione di goderne. Sono queste le indicazioni dettate dalla sentenza del Tribunale di Frosinone, sezione Lavoro, del 5 aprile 2023. Essa ha un rilievo innovativo per la parte riguardante il preavviso, ma queste indicazioni devono essere giudicate come pienamente coerenti con i principi che presiedono all'applicazione di questo istituto. Invece consolida le interpretazioni più recenti della Corte di cassazione, sulla scorta della normativa e della giurisprudenza comunitaria, in tema di monetizzazione delle ferie, costringendo con ciò gli enti a utilizzare i poteri e le capacità del privato datore di lavoro, anche collocando d'autorità in ferie il personale o, quantomeno, sollecitandolo formalmente in questa direzione.
La prima indicazione della pronuncia è che non è necessario dare corso al preavviso delle dimissioni da parte di un dipendente in aspettativa: alla base della inutilità di questa comunicazione la considerazione della mancanza di conseguenze negative sul terreno organizzativo, che ricordiamo essere la finalità posta alla base di questo istituto. In particolare, nel caso in cui la durata del preavviso è inferiore a quello della aspettativa in godimento non vi sono conseguenze negative né per la funzionalità degli uffici nè per lo svolgimento delle attività istituzionali.
Relativamente alla monetizzazione delle ferie non godute all'atto della cessazione del rapporto di lavoro ci viene detto che quello della fruizione delle ferie deve essere giudicato come un diritto irrinunciabile, tanto per l'articolo 36 della Costituzione quanto per l'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE quanto per l'articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Da questo ne deriva come conseguenza che una normativa nazionale che preveda la decadenza del diritto alla fruizione delle ferie per la mancata presentazione della richiesta stessa deve essere giudicata in contrasto con la citata direttiva. Siamo peraltro in presenza di un "diritto sociale" cui assegnare una specifica rilevanza e, di conseguenza, le disposizioni che vietano la monetizzazione delle ferie non godute al momento della cessazione dal servizio vanno giudicate in contrasto con tali indicazioni e principi. Queste indicazioni determinano, quanto meno in via di fatto, il sostanziale superamento del divieto della monetizzazione delle ferie non godute, che ricordiamo essere dettata per le pubbliche amministrazioni dallo stesso articolo 5, comma 8, del Dl 95/2012, tranne che l'ente dimostri di avere assunto iniziative concrete per stimolare i dipendenti e i dirigenti alla loro fruizione.