I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Il travagliato cammino di un modello organizzativo che non riesce a diventare agile

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di Francesco Pellecchia - Rubrica a cura di Anutel

Di sperimentazione e successivo consolidamento di forme inedite di organizzazione del lavoro si era iniziato a parlare già a cavallo del millennio quando, la legge 191/1998 da una parte e l'accordo quadro del 23 marzo 2000 dall'altra, hanno riletto il - si fa per dire - semplice telelavoro attraverso soluzioni basate sul lavoro a domicilio, lavoro mobile (antesignana forma di lavoro agile?), decentrato in centri satellite (oggi diremmo anche coworking), servizi in rete o altre forme flessibili (perché non esiste "il telelavoro", ma una pluralità di forme organizzative modellabili e modulabili in base ai diversi livelli di maturità organizzativa) anche miste, ivi comprese quelle in alternanza (idonea forma di bilanciamento tra attività rese in presenza e da remoto).

Che forse queste disposizioni ancora non fossero germogliate, fiorite, attecchite e ramificate all'interno della pubblica amministrazione se ne era accorto il legislatore riformista del Cad – il Dlgs 82/2005 – che nella review del Codice dell'ottobre del 2012, operata per mezzo del Dlgs 179, ha imposto alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del Tupi, di adottare e pubblicare, sui loro portali istituzionali, i piani per l'utilizzo del telelavoro, pena effetti negativi sulla performance individuale del management risultato inerte rispetto all'applicazione del dettato normativo (norma che richiederebbe una adeguata esegesi laddove prevede che gli enti debbano individuare in detti piani le eventuali attività per cui non fosse possibile l'utilizzo del telelavoro.

Detto in altri termini, già nel 2012 l'eccezione non sarebbe stata quella di adottare forme di telelavoro, ma bensì l'esclusione di una sparuta serie di attività che nonostante le evoluzioni tecniche e organizzative dell'epoca gli enti, oggettivamente, non erano in grado di attuare al di fuori del contesto fisico degli uffici e delle tradizionali forme di organizzazione in presenza).

Ad agosto del 2015, ancora una volta, il nuovo legislatore riformista ha deciso di avere un approccio benevole nei confronti di enti, amministratori e dirigenti, ricordando alle Pubbliche amministrazioni, con l'articolo 14 della legge 124/2015, di fissare obiettivi annuali per l'attuazione del telelavoro, nonché di adottare – anche (e non solo) al fine di tutelare le cure parentali – nuove modalità spazio temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, pena – ancora una volta – effetti negativi su una duplice dimensione delle performance, oltre all'individuale, già trattata con la norma del 2012, anche quella organizzativa.

Da questo momento in poi, a parte la (a mio avviso) felice parentesi della legge cornice sul lavoro agile, la legge 81/2017, è stato un susseguirsi di direttive, linee guida, circolari, decreti legislativi, legge, del Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministeriali, che hanno reso sempre meno agile, irrigidendo e regimentando una forma di organizzazione del lavoro che nasceva con l'intento di essere intelligente, flessibile e resiliente per provare ad attuare soluzioni che contemperassero e soddisfacessero una pluralità di interessi – pubblici, collettivi e individuali – realizzando al tempo stesso transizioni digitali, ambientali ed economiche.

Il 30 novembre, a meno di due mesi dall'adozione dei piani organizzativi del lavoro agile, a poche settimane dalla sottoscrizione dei nuovi Ccnl, a pochi giorni dall'eventuale prolungamento dello stato emergenziale sono state presentate le ennesime linee guida sul lavoro agile.

Sicuramente è apprezzabile il fatto che siano frutto di un sinergico rapporto realizzato dagli attori dell'autonomia collettiva, ma nonostante tutto sorgono una serie di domande: sono veramente indispensabili? La disciplina non era già sufficientemente chiara (o, se preferite, complessa)? Non sarebbe stato meglio continuare a percorrere la strada dei Pola, i piani organizzativi del lavoro agile (cassati prima ancora che si riuscisse a rendicontare il primo piano)? E poi, queste linee guida sono legittime (detto meglio, hanno una legittimazione proveniente da una fonte primaria)? Spesso le domande sono più chiarificanti delle risposte.

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